Quanto può essere doloroso vedere una persona alla quale vogliamo bene star male e non poterla aiutare? O, ancora peggio, trovarsi di fronte al fatto compiuto, come nella vicenda di Antonella Diacono, ed essere del tutto ignari e inconsapevoli della sofferenza che ha spinto quella persona a compiere un gesto così estremo? I famigliari e gli amici di Antonella hanno provato sulla loro pelle questa esperienza.

La descrivono tutti come una ragazzina sensibile, intelligente e determinata che, forse per orgoglio o forse per non voler turbare troppo chi l’amava, non ha mai chiesto aiuto a nessuno, riuscendo a nascondere anche alle persone a lei più vicine i suoi disagi, le sue insicurezze, le paure e i conflitti interiori che l’hanno portata in una mattina d’autunno, a soli tredici anni, a rinunciare al suo futuro. Il padre e la madre di Antonella, Domenico e Angela, sono riusciti a trasformare il loro profondo dolore in forza e a dar vita a qualcosa di positivo: così il 19 luglio è stata presentata ufficialmente l’associazione Anto Paninabella – dal nome che lei stessa scherzosamente si era data.

Come afferma la mamma, l’associazione è stata fondata con l’obiettivo di “coinvolgere le scuole, le istituzioni che hanno a che fare con i ragazzi, per creare punti di contatto con gli adolescenti e aiutarli a parlare liberamente dei loro problemi. Loro hanno bisogno di interlocutori che sappiano ascoltare”, e aggiunge: “Il motivo del suo gesto se lo è tenuto per sé, ecco perché daremo vita a un progetto che aiuti i genitori a decifrare i comportamenti dei figli, a leggere nelle pieghe dei loro discorsi, ad interpretare i silenzi, le azioni”.

Accade, soprattutto durante l’adolescenza, di vivere un periodo particolare in cui ci si sente inutili, dei falliti, soli o sbagliati, ed alcune volte questi periodi non si concludono ma al contrario continuano a persistere acutamente nel tempo, riuscendo a mettere delle radici nel nostro ‘io’ più profondo, generando depressione e comportamenti autodistruttivi.

Si invitano per questo i giovani a parlare e ad aprirsi con gli altri, soprattutto con persone più grandi come i genitori, per cercare di affrontare insieme i problemi perché, se condivise, le emozioni negative, che ci schiacciano come dei massi, diventano meno pesanti ed è più facile capire e contrastare il disagio.

Come dice Domenico “Nessuno è capace di salvarsi da solo dalla depressione e dalla disperazione profonda.” Per questo l’associazione ha fatto suo il “grido” con cui una compagna di Antonella sprona i ragazzi a reagire: “Rifugiatevi in ciò che amate, cercate il conforto, non chiudetevi. Urlate. Urlate fortissimo, sbattete le porte, picchiate qualcuno ma ditelo. Non sto bene, URLATELO. C’è chi potrebbe aiutarvi. Non siete errori, difettosi, siete umani. Vivete”.

Portando il progetto nelle scuole e in altri luoghi frequentati da ragazzi si può sensibilizzare sul tema del disagio giovanile incoraggiando gli adolescenti a esprimere le loro emozioni e invitare i genitori e chi è vicino a loro a cogliere dei segnali che, se riconosciuti in tempo, possono fare la differenza.

Dramateach Company


#iosonocomeilmare