• Come è cambiata la vostra vita dopo?

Domenico: No, la morte di Anto segna non un cambiamento, una evoluzione di qualcosa che era in un modo e diventa in un altro, ma la fine di qualcosa e l’inizio di qualcos’altro.

Per comodità potremmo chiamare vita il qualcosa sia prima che dopo, ma è una semplificazione che non rende l’idea.

La nostra vita precedente è semplicemente finita. Scomparsa con lei, che l’ha portata via con se.

Ne abbiamo ricordo, ma non è lo stesso tipo di ricordo che abbiamo di ieri o di un mese fa. È il ricordo di qualcosa che non ha nessuna continuità con la vita di adesso.

Sono cambiate delle cose pratiche: ho lasciato il mio ruolo di responsabile del Servizio Calcolo e Reti dell’ente di ricerca nel quale lavoro, giro per le scuole per parlare con gli studenti e i loro genitori e portare loro la storia e le parole di Anto. La vita quotidiana si è modificata e pian piano adeguata alla sua terribile assenza. Non ho più paura di morire: tanto dopo, forse, c’è lei, e questa speranza mi da una prospettiva diversa.

Tante cose che mi facevano paura ora non pesano più tanto.

La sua decisione ha gettato una lunga ombra nera sull’intera realtà, e riuscire a vederne ancora i colori è una lotta quotidiana. A volte infatti mi sembra di vedere le cose attraverso i suoi occhi, che hanno reputato tutto quello che c’è…semplicemente inutile e senza importanza. Davvero è una lotta quotidiana, momento per momento.

Ma vorrei anche dire che in questo anno il pensiero ha preso un percorso autonomo rispetto al sentimento, come prima non era mai successo…penso delle cose, ma ne sento delle altre. Per esempio riesco anche a pensare che non posso essere responsabile della sua morte, ma non riesco a perdonarmi, non so se ci riuscirò mai, c’è qualcosa allo stomaco che mi blocca. Oppure capisco benissimo che lei non voleva morire, che ha combattuto con tutte le sue forze per aggrapparsi alla vita facendo l’unico tragico assurdo errore di non chiedere aiuto… ma comunque quella lunga ombra nera di cui parlavo prima non va via, e mi stringe sempre lì, alla bocca dello stomaco, facendo sbiadire tutto.

Infine se prima c’erano momenti in cui non pensavo a lei, magari preso dal lavoro, o distratto da una musica o da un film o da qualcosa da fare, adesso lei è, come aveva detto nei suoi ultimi momenti, sempre costantemente con me. Ma comunque mi manca terribilmente.

  • Quale dei sogni di Antonella pensa si possa realizzare anche attraverso l’impegno di coloro che l’hanno conosciuta?

Domenico: Lei sognava di “essere importante” per l’Italia, di cambiare le cose in meglio, di fare qualcosa per gli altri. Quando stava male in un modo per noi inconcepibile e inesprimibile a parole, ha speso qualcuna delle sue ultime ore per scrivere un messaggio per gli altri: “Andate contro i pregiudizi”. “Per tutte le persone sole, apatiche e tristi voglio dare solo un messaggio. Non siete i soli a soffrire. Non siete soli.”

Il suo sogno di essere utile agli altri penso si possa realizzare attraverso l’impegno di tutti coloro che non solo l’hanno conosciuta in vita, ma che la stanno conoscendo ora attraverso i suoi pensieri e la sua storia, nel momento in cui si prendono cura degli altri, scavano sotto le apparenze, osservano, ascoltano, fanno il primo passo verso chi soffre o sembra bisognoso di aiuto, non lo fanno sentire solo.

  • Quale eredità le ha lasciato Antonella?

Domenico: Mi fa una strana sensazione questa domanda…è il padre che dovrebbe lasciare l’eredità ai suoi figli.

Credo che l’associazione Anto Paninabella, o quel che verrà dopo, sia la sua eredità, perché senza il suo “testamento” di cui parlavo prima, sicuramente non sarebbe mai nata. La sua tanto desiderata azione sociale, e chissà anche politica, si concretizza nell’azione di Anto Paninabella. È lei che parla ai suoi coetanei e ai loro genitori e li invita a riflettere sull’importanza dell’ascolto e del dialogo. A me rimane solo portarla avanti finché ho le forze per farlo.

Antonella sentiva vivamente le emozioni altrui, e non sopportava la sofferenza degli altri. Ecco forse mi ha lasciato anche questo interesse più vivo alle emozioni di chi mi sta accanto, sulle quali troppo spesso non mi soffermavo abbastanza.

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