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Tornare a sorridere


Ad un tratto tutto tace
e tutto cade nel silenzio,
il silenzio che non sa di strade affollate.
Le risate,
il chiacchiericcio,
le urla
che stordiscono anche le menti più pacate.
Si spengono le luci
e a poco a poco la solitudine mi assale.
I colori della primavera
non sono più gli stessi.
I colori del cielo,
gli alberi in fiore,
il cinguettio degli uccelli,
il profumo dell’aria,
sono un vago ricordo.
Ma la forza della vita,
l’immaginazione
e la speranza,
si fanno spazio nella mente
e subito il cuore inizia a sorridere.
Ecco, è di nuovo VITA!

Rossella Cuccinella
IC Sylos, Bitonto

SolaMente
3^C IC G. Bosco – G. Venisti, Capurso (BA)
Pensieri in movimento
2^C IC G. Bosco – G. Venisti, Capurso (BA)

La voce nascosta


La solitudine spaventa più di una prigione,
tutti alla ricerca verso la libertà.
Pochi riescono a irrompere questa apparente quiete
che fa eco nel mio essere svuotato.


La solitudine preziosa, spelonca, in essa trovo rifugio,
ne percepisco l’amaro.
Nella mia anima confusa e intorpidita sboccia un fiore,
così libero dal mondo,
che nessuno riesce ad estirparlo fino in fondo.


Quando sorge la sera colma di misteri
i sogni, desideri e pensieri
si racchiudono in una nube turbolenta
che la tristezza alimenta.

Simona Carbonara
IC Sylos, Bitonto

LA CREATIVITA’ CONTRO LA SOLITUDINE


Oggi in classe abbiamo conosciuto una ragazza come noi, Antonella Diacono, di cui abbiamo letto una frase che mi ha spiazzato: “La solitudine uccide!”.
Ho riflettuto molto; per me significa restare soli per molto tempo, senza amici sentendosi vuoti, tristi, annoiati, spenti…
Ho pensato che per prevenire questo disagio, bisogna incoraggiare il processo di socializzazione con il dialogo tra amici.
Secondo me, per abbattere la solitudine, sarebbe bello creare laboratori per sviluppare la nostra creatività soprattutto in gruppo, con l’uso di linguaggi diversi ed alternativi come quello della musica, dell’arte o anche quello del teatro.
Grazie ai social sono riuscito a socializzare con gli altri, a conoscerli meglio e a sentirmi meno solo in questo periodo di pandemia. Infatti un mese fa su un social ho conosciuto un ragazzo che si sentiva molto solo, senza amici e poco apprezzato dagli altri, perché tanto timido; era depresso ed isolato dal mondo. Mi dispiaceva per lui, perciò ho deciso di diventargli amico, infatti ci sentiamo sempre e ci scambiamo dei messaggi. L’ho anche inserito nel gruppo dei miei amici, ora non si sente più solo, è apprezzato e questo lo rende felice!!!

Giuseppe Calzolaio
IC Ronchi, Cellamare

La solitudine…un incubo ricorrente
Caterina Molfetta / Giulia Occhiogrosso
IC Sylos – Bitonto (BA)

VITTORIA


Vittoria è una bambina di tre anni.


Prima di tre figli, nasce a Martina Franca in una famiglia serena.
Solare, vivace, loquace in famiglia ma più fragile e remissiva in altri contesti. Vive un’infanzia felice tra la gioia dei suoi genitori e la compagnia dei suoi amici di cortile.
Un giorno la madre le disse che avrebbe frequentato la scuola dell’infanzia e questa novità la riempiva di allegria ed entusiasmo.
Arrivò il primo zainetto e il primo grembiulino, tutto aveva un sapore di nuovo.
Ben presto a questi sentimenti positivi se ne aggiunse un altro che si faceva via via sempre
più ingombrante dentro di sé: quello della paura. La paura dell’abbandono. La paura di non essere accettata. La paura del distacco e della lontananza dal resto del mondo. In quella nuova dimensione di vita, lei, così piccola, scoprì una triste realtà: quella della solitudine.
Arrivava come un brivido freddo, una sensazione di inquietudine che avrebbe voluto
evitare a tutti i costi. Più passavano i giorni e più vedeva attorno a sé storie di amicizia e di
vicinanza in cui lei non trovava posto. Lo capiva da piccoli gesti, come il pollice in giù che
le piccole compagne le rivolgevano in segno di esclusione. Era piccola, Vittoria. Ma
avvertiva già dentro di sé una sensazione indefinita di amarezza che non l’avrebbe mai più abbandonata.
Fu così che in questa sua fragilità gli altri guadagnavano spazio.
Un gruppo di bambine le si faceva vicino. Il suo desiderio rispondeva alla parola amicizia e inclusione. Un giorno, però, accadde un episodio invisibile per gli altri e per le figure di riferimento che le erano accanto, ma fortissimo per lei tanto da non essere mai più dimenticato.
Era un momento di pausa e il gruppo di bambini fu portato nel grande atrio esterno.
Vittoria sedeva in una piccola sediolina. Era una bella bambina Vittoria, ma con una particolarità, anch’essa invisibile, che la distingueva dal resto della classe: le sue compagne sfoggiavano orecchini di tutte le forme e di tutti i colori, lei non ne aveva. Non aveva neanche i buchi alle orecchie.
Questo particolare da un po’ di giorni l’aveva resa oggetto di derisione. Quel giorno nel
cortile le sue compagne la presero da parte e la fecero sedere in una piccola sediolina rotta. Con dei piccoli pizzicotti sui lobi fingevano di bucare le orecchie quasi in segno di punizione. Giocavano a fare le grandi, loro, e più diventavano grandi in questo gioco delle parti tanto più lei si sentiva piccola e indifesa.
Aveva paura Vittoria, ma la paura più grande era l’irraggiungibilità di queste relazioni, il
senso di esclusione da quei cerchi magici in cui si realizzavano le loro amicizie.


Aveva sei anni Vittoria.


Giunse il momento di un altro grande salto: quello della scuola primaria.
Quando arrivò il momento dell’iscrizione il suo cuore si riempì di felicità alla notizia che alcune di queste compagne speravano di essere inserite nella sua stessa classe. Credeva finalmente di avere delle amiche, di essere desiderata. Per questo motivo decise di indossare anche lei gli stessi orecchini delle altre, per potersi finalmente sentire una di loro. Ma tutto questo non avvenne. Ai dispetti si aggiunsero i ricatti, le umiliazioni per l’aspetto fisico, per il peso e per l’altezza, per essere una bambina troppo studiosa ai loro occhi.
Queste circostanze che agli occhi di un altro possono sembrare trascurabili, causarono in realtà molta sofferenza. Una sofferenza nascosta e protratta negli anni. Si sentiva sbagliata, inadeguata, diversa. Viveva dentro di sé un profondo senso di angoscia senza riuscire a comunicarlo a nessuno, in completa solitudine.
Un giorno, però, ebbe un’occasione importante: un tema.
Fuori c’era la neve, le aule erano semideserte, così la maestra decise di utilizzare quel momento di raccoglimento per parlare dell’amicizia. Di quelle vere ma anche di quelle sbagliate, le amicizie perdute e anche le amicizie desiderate ma mai arrivate.
Qualcuno si accorse di lei. Sentì come se qualcuno improvvisamente avesse accolto la sua fragilità, si sentì compresa. Da quel momento la maestra inviava messaggi di pace e di inclusione attraverso letture, approfondimenti, dibattiti. Tuttavia, nonostante gli sforzi, il rapporto con le compagne non cambiò. Ebbe per sempre il dubbio: quelle bambine erano state in grado di recepire il messaggio implicito in quelle lezioni? Avevano consapevolezza di quanto male avesse provocato il loro comportamento?


Aveva undici anni Vittoria.

Una nuova realtà stava per arrivare: la scuola media. Questo cambiamento coincise con una serie di rivoluzioni nella sua vita: un trasferimento in una nuova città e una nuova classe di perfetti sconosciuti.
C’era molta inquietudine in tutto questo cambiamento.
Le ferite degli anni passati non l’avevano resa più forte, si sentiva come un bicchiere di cristallo rotto e ricomposto tante volte. Temeva che quella solitudine non l’avrebbe mai più lasciata, sentiva come un destino tristissimo abbattersi su di lei.
E invece no. Fu proprio quella novità a salvarle la vita.
Aveva temuto mpltissimo questo passaggio e invece tutte le sue inquietudini si rivelarono infondate; in maniera del tutto inaspettata, tutto cambiò. Si convinse di essere diventata forte e che nulla sarebbe stato più come prima.

Sono passati molti anni. È una donna, Vittoria.

La sua vita è lontana da quegli anni, ricca di impegni e dalle mille occupazioni che riempiono la vita degli adulti.
A volte, però, capita di soffermarsi a riflettere sul proprio passato e, in quei momenti, sente ancora vivo e forte il dolore delle esperienze vissute.
La storia di Vittoria è la storia di molti, moltissimi ragazzi che vivono nel loro profondo ferite insospettabili.
È la storia di chi si sente invisibile, di chi pur trovando la strada per andare avanti, conserverà per sempre il ricordo di quella paura: la paura di un pollice in giù, di sentirsi diversi, la paura di essere soli.


Sofia Pia Battista
Terzo IC, Francavilla Fontana

La solitudine
Giulia Campagna
IC Sylos, Bitonto

Lacrime
Nicolò Fornelli
IC Sylos, Bitonto
STOP
Vitone
IC Sylos Bitonto

Caro diario, oggi voglio parlarti delle mie emozioni

Caro diario,
sei diventato il mio migliore amico e tutte le volte che ho bisogno di sfogarmi e di liberare le mie emozioni tu ci sei, pronto ad accogliere i miei pensieri, le mie convinzioni, i miei sì e i miei no senza fiatare, senza farmi domande così come fanno gli altri che non comprendono e non sanno che io ho bisogno semplicemente di catapultarmi nella mia stanza e svuotare la Mia mente da tutto ciò che mi circonda.
Oggi non è un giorno come gli altri perché voglio parlarti di un argomento delicato quanto affascinante. Sto parlando di colei che ormai considero una mia parente stretta, una sorta di sorella. Il grande Francesco d’Assisi l’avrebbe chiamata sorella solitudine!
Voglio dirti cosa penso della solitudine, e per questo non posso non soffermarmi sulle mie emozioni, voglio provare a raccontartele.
Sai, mio caro amico, trovo che raccontare le emozioni sia la più bella forma di comunicazione che esista, attraverso le emozioni capiamo cosa ci fa bene e cosa invece ci fa male ed è importante farle uscire dal nostro corpo e dalla nostra mente dando loro una voce. Essere soli e sentirsi soli sono due cose completamente differenti ma possono entrambe far male. Dipende dalle situazioni. Lo so perché mi è capitato di essere e di sentirmi sola.
Sai dove sta la via di fuga? Nel saper stare bene con sé stessi nella propria solitudine e in quella che io chiamo la vera solitudine, quella più cattiva che ti fa star male pur tra mille persone.
Parlo di un sentimento che va ben oltre lo star soli, qualcosa che ti senti dentro, qualcosa che ti divora interiormente, un mostro invisibile ma allo stesso tempo molto potente. Quando sei con la tua cerchia di amici, ti sembra (e sottolineo ti sembra) di farne parte, cerchi di convincerti che va tutto bene, che loro ti apprezzano, non ti giudicano, non parlano di te alle spalle ma è come se si nascondesse a sé stessi la realtà; a volte ci si inganna da soli inconsapevolmente, senti il cuore che batte all’impazzata, le mani che sudano, le gambe che tremano e ti senti inadeguata, un pesce fuor d’acqua e non vedi l’ora di tornare in camera tua e non vedere nessuno.
Ma è proprio quando si è in camera che si dà voce ai pensieri, è in camera che si piange perché vorresti avere degli amici con la A maiuscola, delle persone che diventino quelle quattro mura che resti a fissare per ore con gli occhi colmi di lacrime e di perché.
Oggi però è un giorno speciale, caro diario, perché ho deciso di reagire.
Sento che la corazza che mi sono costruita per nascondere le mie debolezze, per soffocare le mie paure non ha più motivo di esistere.
Sono un’adolescente che ha bisogno di sentirsi libera e spensierata. Voglio provare solo sensazioni positive e ritrovare me stessa. La vita va vissuta fino alla fine, bisogna godersi ogni attimo come se fosse l’ultimo, bisogna apprezzare ogni singola cosa che si fa perché nessuno può darci la certezza che domani ci sveglieremo e potremo riprovarci, ed è proprio nei momenti bui che dobbiamo trovare la forza per andare avanti, quando ci sembra tutto perso dobbiamo pensare che prima o poi torneremo a vedere la luce, torneremo a sorridere, torneremo ad assaporare la felicità.
So che non sarà facile senza nessuno che ti comprenda, senza nessuno che ti aspetti con le braccia aperte quando hai bisogno di un abbraccio, ma oggi ho deciso di iniziare il grande cambiamento.
Ho capito che la felicità non può dipendere dal giudizio e dai sentimenti di chi ci circonda, nessuno di noi può conoscere e comprendere l’altro in maniera piena e perfetta giacché ogni persona è un Universo in continua espansione, infinito e, in quanto tale, inconoscibile fino in fondo.
La felicità può cogliersi unicamente nell’amore per sé stessi, per l’essere imperfetti e dunque unici, in ogni forma di amore puro ed incondizionato perché solo questo ci rende vivi e liberi dal bisogno di essere amati dagli altri.


La tua Adriana

Adriana De Rosa
IC Ronchi, Cellamare

Coletto
IC Sylos, Bitonto
Solitudine
Paola Tetro
IC Sylos, Bitonto

La solitudine, un’occasione preziosa da cogliere


La storia di Antonella ci tocca nel profondo, il suo bisogno di amore, il suo sentirsi incompresa e isolata ci sono familiari.


Il desiderio di essere accettata l’ha portata a maturare un forte senso di solitudine, ma sicuramente anche di disperazione, perché si sentiva strana, non amata abbastanza. L’esperienza di Antonella ci lascia oggi un insegnamento, ci grida di andare oltre i pregiudizi, di non fermarci all’apparenza, di parlare con lo “sfigato di turno” soprattutto nella fase adolescenziale in cui diventa di fondamentale importanza la condivisione delle proprie emozioni, dei propri sentimenti, delle paure e anche delle speranze. La solitudine è sempre stata temuta, quando ci si sente soli ci si sente anche emarginati, non accettati dai coetanei, rimanere soli con sé stessi può immergerci in una visione negativa della vita e ogni problema può sembrare molto più grande di quanto non lo sia in realtà.
L’errore che spesso si commette è quello di isolarsi e chiudersi in sé stessi per poi fingere di essere qualcun altro e non parlarne con nessuno. Anche io, a volte, voglio starmene per conto mio, sento il bisogno di trovare in me l’unico amico capace di ascoltarmi senza giudicarmi. La solitudine, però, può essere anche una meravigliosa opportunità di sviluppo e di benessere interiore, un’occasione preziosa da sfruttare. Non esiste, infatti, creatività o originalità senza la solitudine. Credo che la dipendenza dagli altri sia sbagliata, ognuno di noi ha solo bisogno di qualcuno con cui dialogare, cui confidare i propri problemi. È proprio nei momenti di difficoltà, quando ci si sente persi, che è necessario alimentare la fiducia negli altri, la speranza di trovare qualcuno pronto ad abbracciarci di fronte alle nostre lacrime e a gioire per i nostri successi. Dobbiamo, però, prima di ogni altra cosa imparare a conoscerci perché solo attraverso la conoscenza di noi stessi possiamo riflettere e accettarci.

Mariano Landolfi
IC Ronchi, Cellamare

In questo tempo sospeso per via della pandemia vogliamo raccontarvi la nostra solitudine
3^E IC Sylos, Bitonto (BA)

LA SOLITUDINE


La solitudine uccide, perché sei solo,
chiuso in una stanza non puoi prendere il volo.
Senza nessuno non si può proprio stare,
perché il tuo prossimo devi amare.


Quando intorno a sé si hanno tanti amici,
si è sempre spensierati e felici.
Ma solo chi ha provato lo sa,
che quando sei solo c’è tanta aridità.


Tu non te ne rendi conto,
ma poi diventa un triste racconto.
La famiglia e gli amici che ti fanno emozionare,
ora non puoi più vedere e neanche abbracciare.


Ogni persona non deve mai provare:
un bacio, una carezza e un abbraccio da aspettare.
So dire solo, che alla mia età,
si desidera solo, tanta normalità.

Andrea Bondanese
IC Ronchi, Cellamare

Le parole fanno male
Carla Calamita
IC Sylos, Bitonto

Cara Antonella, oggi ho deciso di scriverti…

Cara Antonella,
sento di scriverti perché so che leggerai questa mia lettera ovunque tu sia.
Ti immagino libera e leggera mentre voli tra i fiori appena sbocciati, spinta da un tiepido vento di primavera.


Ti sogno felice e appagata con quel sorriso che mi porto nel cuore e mi manchi anche se non ci siamo mai incontrate perché penso che se ci fossimo conosciute, sarei stata la tua migliore amica, quella che non ti avrebbe mollata mai, quella che avrebbe condiviso tutto con te.
Ti avrei abbracciata fortissimo fino a farti mancare il fiato perché tu sapessi quanto sia bello essere amati, e tu avresti abbracciato me con la stessa forza, con lo stesso affetto. La vita, però, ci sottopone a dure prove che ci portano molto spesso a chiuderci in noi stessi e ad abbracciare un cuscino su cui far scivolare le nostre lacrime.
Io sono una ragazza sola, che trascorre le sue giornate in compagnia di sé stessa e del suo cuscino.
Il mio stato d’animo è cambiato quando ho iniziato a scoprire il mondo che mi circonda e soprattutto quando ho incominciato a capire quanto sia difficile vivere (penso a tutto ciò che ci sta accadendo), quanto sia difficile credere in qualcuno, quanto sia difficile affezionarsi.
È proprio vero, Antonella, la solitudine uccide ed è ancora più devastante quando sei in
compagnia di amici e tutto ciò che vorresti fare è sparire in un buco nero e dileguarti.
Mi capita sempre più spesso di sentirmi di troppo anche quando sono tra persone “amiche” e non so darmi una spiegazione.
Ci sono momenti in cui preferisci restare nella tua camera, con i tuoi auricolari ad ascoltare musica ad alto volume, isolandoti da tutto ciò che ti circonda e dalle cose che più ti spaventano, cercando risposte alle tue domande in un semplice social.
Ci siamo abituati a pensare di avere sempre bisogno dell’altro per sentirci completi e questo non lo considero sbagliato anche se la solitudine può diventare il momento adatto per ascoltare le proprie esigenze, per ritrovare sé stessi e riflettere sulle scelte passate e future della nostra vita.
La solitudine, anche se a volte ci fa paura, è una sfida che dobbiamo accettare ma è necessario credere che alla fine troveremo sempre qualcuno pronto a tenderci la mano.
Mia cara Antonella, è stato bello scriverti e sentirti vicina. So che mi sarai accanto in tutti quei momenti in cui avrò bisogno del tuo sostegno e del tuo conforto. Io rimarrò per sempre la tua migliore amica.

Con affetto sincero ti saluto, abbracciandoti fortissimo.

Claudia Maria Cellamare
IC Ronchi, Cellamare

Emma
1D e 1G SS Dante Alighieri, Modugno (BA)

PAURA DELLA SOLITUDINE

Paura per ciò che non si conosce,
è una “semplice” influenza che crea angosce.
Tutti chiusi in casa dal terrore,
i più anziani con il batticuore
e i giovani col timore
di non poter più vedere gli amici del cuore.

La solitudine è come la luna, nei momenti bui compare
e tante volte tenta di farci cascare.
Soffoca tutte le emozioni,
senza dare spazio a consigli e opinioni,
non facendo credere possibile
che tutto torni alla normalità vivibile.

Per tutte le persone sole, apatiche e affrante,
vorrei solo dare un messaggio incoraggiante:
“Rifugiamoci in ciò che amiamo,
cerchiamo conforto, non ci chiudiamo.
Urliamo. Fortissimo urliamo.
Viviamo”. 

Il vuoto interiore che provoca la sensazione di solitudine,
può diventare una cattiva abitudine.
Tutti noi non sappiamo cosa ci aspetta,  
ma nessuno deve temere tale situazione che ci sta stretta,
così accadrà
che solitudine e paura non fermeranno mai amore e socialità. 


Vincenzo Consalvo
IC Ronchi, Cellamare

Da un mare di solitudine ad un mare di speranza
3^B anno IC Ronchi, Cellamare (BA)

PER UN AMICO IN PIÙ

Antonella Diacono con i suoi scritti ci aiuta a riflettere.

Quando qualcuno è circondato dai suoi amici, potrebbe essere distratto e non accorgersi dei problemi degli altri, che possono essere anche molto più gravi di quanto si possa pensare.

Non sono mai stato veramente solo. Essendo sempre stato molto selettivo, tendevo spesso a starmene in disparte, ma i miei amici trovavano sempre il modo di coinvolgermi, magari semplicemente tirando fuori un pallone.

C’è stato, però, un periodo tra la quarta e quinta elementare in cui, non avendo uno smartphone e la Play-Station, mi sono ritrovato messo in disparte addirittura da uno dei miei amici più fidati che si stava allontanando sempre più da me. 

Adesso, nonostante non abbia ancora una Play-Station, non mi esclude più nessuno e l’amico che si stava allontanando sempre di più è adesso quello con cui torno a casa dopo la scuola e con cui chiacchiero più volentieri, così come facevamo tempo fa.

Non trascorro molto tempo sui social e non credo che mi possano aiutare a socializzare con gli altri o a sentirmi meno solo, al contrario credo che sia un modo per limitare i rapporti umani (faccia a faccia).

Onestamente credo di essere abbastanza attento a captare situazioni o stati d’animo difficili per le persone che mi circondano, in quanto ho una buona capacità di osservazione pur mantenendo un atteggiamento apparentemente distaccato.

Ad esempio alle elementari, avevo un amico che passava tutto il suo tempo libero giocando con tablet e smartphone, standosene sempre in disparte. Ho provato più volte a catturare la sua attenzione e a coinvolgerlo nei giochi, senza risultati, infatti per lui è stato molto difficile ammettere che non si sentiva all’altezza dei miei amici ed aveva paura di fare brutte figure. Non appena mi ha spiegato il suo disagio, mi sono offerto di insegnargli a giocare, io e lui da soli. Finalmente è riuscito a fidarsi di me, quando gli ho dimostrato che mai lo avrei preso in giro ed ho conquistato definitivamente la sua fiducia quando l’ho difeso, mentre giocavamo con gli altri.

Penso che nessuno debba stare da solo e che se qualcuno tende ad isolarsi più di altri ha sicuramente una paura o un’insicurezza che va affrontata e superata. In fin dei conti chi meglio degli amici può riuscire in questo compito?

Bisogna osservare con cura gli altri: accorgersi dei problemi che li affliggono e provare ad aiutarli a superarli.

Marco Recchia
IC Ronchi, Cellamare
Quando le parole lasciano il segno
Elisa Cardone
SI Educom, Bari

Salve a tutti, mi chiamo Elisa Cardone, ho 12 anni e frequento la seconda media alla scuola Internazionale Educom. 

Durante questo periodo di pandemia molte persone hanno passato dei momenti brutti, e tanti hanno pensato addirittura al suicidio; questo mi ha fatto riflettere e capire che la cosa migliore da fare era parlare delle proprie emozioni. 

Ho deciso di partecipare a questo concorso per esprimere ciò che per me rappresentano il bullismo, la tristezza, la solitudine e le brutte parole che in qualche modo feriscono la gente. 

Il mio disegno ”Quando le parole lasciano il segno” raffigura la sofferenza che è causata da frasi che apparentemente sembrano innocue ma che, in realtà, sono peggio della violenza.

Purtroppo il bullismo è una forma di violenza molto intricata e difficile da contrastare, perciò tutto ciò che possiamo fare è parlarne con qualcuno.

Negli occhi di tutti
Sara Pinelli
Educom, Bari
Chiusura
Vittoria Franco
Educom, Bari
La Teoria Della Giostra: storia di un bullo salvato dalla musica
Jonathan Pecere
IC Casale – Brindisi

La Teoria Della Giostra: storia di un bullo salvato dalla musica
Elisa Sabia
IC Casale – Brindisi

SOLITUDINE E SOFFERENZA

Caro diario, 

in classe abbiamo discusso e parlato della solitudine e dei suoi effetti su noi adolescenti. Vorrei condividere con te quello che penso di essa.

La solitudine serve a capire chi sei e chi diventerai, aiuta a ragionare e ad imparare, ma c’è anche un suo aspetto nascosto: purtroppo può portarti alla disperazione, perché inizia dalle persone che ti escludono oppure quando qualcuno ti ferisce. 

Io, ti ricorderai, ho vissuto tanti periodi di solitudine, perché alle elementari le persone mi escludevano e mi prendevano in giro per la mia passione per la danza, ma ora sono cambiato. Sembrerà strano, ma whatsapp mi ha aiutato a socializzare e a raccontare i brutti periodi e a liberarmi della mia bolla. 

Mi hanno aiutato alcuni amici veri, quelli che si riconoscono dai fatti non dalle parole, dall’affetto che mi hanno dimostrato e che non dimenticherò mai. 

Mi dispiace sentire fatti in cui ragazzi vengono esclusi, discriminati, che si buttano giù e non si riprendono più.

Se capitasse nella mia classe un caso di esclusione, io non mi tirerei indietro e accoglierei la persona interessata come accolgo i miei compagni.

Non prenderei mai una persona in giro per il peso, per una caratteristica fisica, per il colore della pelle, perché diverso da me, ma io la conoscerei, studierei il carattere e inizierei a farla parlare, la convincerei a confidarsi con me, le starei accanto…

Spero che nessun ragazzo sia costretto a soffrire per la solitudine, per l’esclusione e che a scuola impariamo ad essere gentili, ad accogliere tutti come nostri fratelli, perché tutti siamo uguali, così nella vita saremo pronti e sapremo come comportarci in qualsiasi situazione.

Andrea Nicolosi
IC Ronchi, Cellamare

I CONFINI DELLA SOLITUDINE

La solitudine uccide,
ma con essa si vincono anche molte sfide.
Quando si è soli
con le persone a te care ti consoli.

Io lo faccio con i miei amici
che ti lasciano cicatrici;
cicatrici nel cuore
trasmesse con amore.

Con loro mi diverto
e la solitudine non avverto.

C’è anche la mia famiglia
che molte cose mi consiglia.
Questo mi fa bene al cuore
e mi trasmette immenso calore.

A scuola i compagni e i professori
sono dei capolavori,
perché ogni mattina
mi esaltano con adrenalina.

La solitudine è una brutta sensazione,
ma le persone care sono la soluzione.

Serena Bellincontro
IC Ronchi Cellamare

LA SOLITUDINE UCCIDE

La solitudine non si può nè vedere nè toccare,
ma ti può uccidere quando stai male,
come una sensazione che dentro l’anima ti fa vibrare,
affondando negli abissi del tuo mare.

Quando sei sola e triste può arrivare
e nel pianto ti costringe a stare,
facendoti solo addolorar
mentre il tuo cuore invano cerchi di consolar.

Quando sei con gli altri, ti diverti,
nascondendo i tuoi veri sentimenti,
perché non vuoi disturbarli
e sempre contenti vuoi lasciarli.

Quando la solitudine arriva,
tutte le notti a pianger stai,
pensando di voler sparire
e scappare lontano dai guai.

Le persone pensano che tu abbia una vita felice,
ma indossi una maschera sorridente
che copre solo il tuo viso piangente
e il tuo cuore sempre sofferente.

Il cuscino ormai è diventato il tuo migliore amico,
perché quando piangi raccoglie il tuo dolore,
racchiudendolo nell’infinito
come se fosse il tuo unico benefattore.

Le coperte son diventate un tasto per abbassare il volume,
assorbendo le tue lacrime che sgorgano come un fiume; 
poi le metti vicino alla bocca quando vuoi gridare
così non fai chiasso e non puoi disturbare.

Ogni volta che ti chiedono: “Come stai?”
Rispondi sempre: “Bene!” Ed esci dai guai,
perché non vuoi farli preoccupar,
ma in verità ti uccidi pian, pian.

Circondata da persone meravigliose, ti senti sempre sola
per questo la solitudine riaffiora.
Il tuo cuore ormai distrutto è,
anche se intorno a te la gente c’è.

Ma la tua vita puoi salvare
se con le persone che hai a cuore tu puoi parlare;
il tuo male puoi far sfogare, lasciandolo volare
e come un brutto ricordo potrai dimenticare.

La solitudine per sempre lascerai, se la maschera butterai
e i tuoi sentimenti con tutti condividerai.
Il sorriso sul tuo volto avrai
e felice a tutto il mondo lo mostrerai.

Ilaria D’Ursi
IC Ronchi – Cellamare

La solitudine
Stefania Solazzo
SS Padre Pio, Altamura (BA)
La Bolla
Giorgia Passatore
SS Michelangelo, Bari
Combatti anche tu la solitudine
Vincenzo Belligerante
SS Michelangelo, Bari
Giornate a distanza
Stefania Damiani
SS Michelangelo, Bari
Solitudine
Carlotta Picerno
SS Michelangelo, Bari

LETTERA AD ANTONELLA

Cara Antonella,

dopo aver letto un pensiero significativo sulla solitudine scritto da te, provo a dar voce ai pensieri.

Secondo me, la solitudine è una condizione che nessuno mai dovrebbe provare.

È una sensazione bruttissima, come se ti trovassi in un buco nero, senza gente attorno a te, senza divertimento, senza bambini che corrono per le strade, senza amici o persone che ti vogliono bene. Anche se a volte la solitudine ti fa pensare molto, aiuta a riflettere, a mettere ordine nella tua testa, tutti dovrebbero avere qualcuno con cui parlare, sfogarsi, confidarsi e anche giocare e divertirsi senza aver paura del loro giudizio.

Spero di non trascorrere mai un periodo così buio nella mia vita e spero di aiutare gli altri a non vivere mai questo brutto momento.

La solitudine in vari casi potrebbe far molto male, soprattutto agli adolescenti più fragili, ma se accanto ci fossero degli amici diventerebbe tutto più semplice e si potrebbe evitare di cadere in un profondo buco nero. Per far sì che tutto ciò non succeda, dovremmo parlare con qualcuno e raccontargli tutto.

Durante questo periodo di pandemia, a causa del covid, la solitudine si è accentuata, poiché non ci si può incontrare con gli amici e parlare con loro, le cose si sono complicate sempre di più stando a casa da soli, vedendo gli amici tramite le videochiamate o telefonate, ma dietro uno schermo, non siamo gli stessi.

Certe volte, davanti a uno schermo, fingiamo che le cose vadano tutte bene, ma in realtà non è così. Anche se siamo stati fortunati, perché senza un dispositivo e senza la connessione ci sarebbe stato un blocco totale, si sarebbe fermata la scuola, la vita sociale, la vita… e la solitudine si sarebbe diffusa più di ciò che è avvenuto per alcuni.

Io come tutti, spero che questo periodo finisca presto e che si possa tornare alla vita normale per divertirmi, parlare e incontrarmi con i miei amici. 

Auguro a me stessa e a tutti gli altri che questo periodo ci abbia insegnato a stare meglio al mondo, ci abbia educati a stare soli per poter stare meglio in compagnia, nel rispetto della diversità.

Ciao Antonella, grazie!

Gaia Stella De Tommaso
IC Ronchi, Cellamare (BA)

OLTRE LA PORTA

La solitudine uccide, sì, come dice Antonella Diacono.

La solitudine è una emozione negativa.

È come se entrasse dentro di te e si impossessasse della tua felicità, non ti facesse più respirare, più vivere. È una condizione bruttissima.

Ti senti solo, escluso, come se il mondo ti stesse dando le spalle. Purtroppo, la solitudine può spingerti a fare cose sbagliatissime. Quando ascolto in TV che succedono fatti negativi, mi dispiace tantissimo.

Quando sei in compagnia o con un amico o anche addirittura con la tua famiglia, ti senti felice, fuori dal mondo. Ma purtroppo, alcuni bambini non hanno genitori, amici o se anche li abbiano, a volte si sentono soli.

Io conosco una persona che ora è sempre in compagnia di amici e della famiglia, ma prima non lo era. Era fuori dal mondo, isolata in una stanza, chiusa in compagnia solo del cellulare.

Io ero in contatto con lei, perché era solo con me che qualche volta riusciva a parlare. Un giorno decisi di farle una sorpresa, di andare a casa sua a trovarla. Era tanto tempo che non ci vedevamo. Quando mi vide non era molto felice, mi salutò e parlammo un po’.

Mi accorsi che non stava vivendo, non mangiava, non dormiva, non faceva niente, usava solo il cellulare. Così le dissi che non sapeva quante cose si stesse perdendo fuori da quella porta e che la sua famiglia, gli amici, tutti si preoccupavano per lei. Lei disse che non voleva uscire, perché non si sentiva al sicuro, mi confidò che la insultavano, addirittura la picchiavano. Le consigliai di dirlo ai suoi genitori, altrimenti la situazione non sarebbe mai migliorata, anzi sarebbe rimasta ferma lì per sempre.

Così, giorno dopo giorno, dopo tanti discorsi tra noi, decise di aprire la porta e vide fuori i suoi genitori che l’aspettavano a braccia aperte. La sua famiglia l’ha aiutata.

Oggi continua ad uscire e a stare con la famiglia, ma quando va a scuola, ha ancora timore, ma si ricorda che la cosa migliore per affrontare i bulli è ignorarli, denunciare, parlare… Solo oltre la porta c’è la felicità.

La solitudine uccide, ma altre volte, dopo averla provata, potrebbe portare a straordinarie forme di libertà.

Angelica Pegna
IC Ronchi, Cellamare (BA)

La storia di Gaia
Gaia Befo
SS Michelangelo, Bari
La solitudine
Stefano Scattarella
SS Michelangelo, Bari
La solitudine
Beatrice Cardo
SS Michelangelo, Bari

UNA VIA D’USCITA

Che cos’è la solitudine?
Pensi che sia proprio inutile?
Mi dispiace, ma ti devo smentire
non è totalmente da aborrire.
Sono d’accordo, ti può distruggere
e profondamente può trafiggere
con un coltello affilato
un cuore già un po’ spezzato.

Ma pensaci bene,
riflettici un po’ sulle tue pene.
Quando sei solo, cosa puoi fare?
Alla fine, puoi solo accettare.
Lo so, è difficile da sistemare,
ma con “saggezza” la puoi ignorare,
anche se forse, non è la cosa giusta da fare.
Quindi ora ti dirò cosa mettere in atto per cambiare:
devi solo parlare con insegnanti o dirigenti,
chiedere aiuto ad amici o parenti.

Ma una cosa devi ricordare,
deprimersi non è la cosa migliore da fare,
né tanto meno farsi male
è la soluzione migliore da attuare!
Ricorda sempre di parlarne senza paura,
perché si trova sempre una “cura”!
E avverrà una nuova fioritura,
che lascerà tutta la tristezza alle spalle 
per sentirsi leggere come farfalle.

Iris De Matteo
IC Ronchi, Cellamare (BA)

La solitudine Amica 

Con questa frase Antonella intende esprimere tutta la sua inquietudine interiore, nascondendosi in un profondo silenzio.  

Io parlo al presente perché voglio pensare che lei sia ancora tra noi, visto che ne stiamo parlando e poi perché vive ancora nel ricordo dei suoi genitori attraverso il libro che hanno scritto.

Come adolescente posso paragonarmi a lei solo nei momenti critici di tristezza che anch’io avverto dovuti ai cambiamenti fisici e umorali che spesso tempestano la quotidianità della mia vita. Non saprei come definire i sentimenti che si provano quando cambi modo di pensare, di approcciarsi agli altri.

Sei sempre in ansia, quando si fa squadra, quando si deve essere all’altezza degli altri perché altrimenti sei fuori dalla cerchia di amici, ma soprattutto quando devi dimostrare che vali anche se sei solo un ragazzino. Voglio immaginare, che Antonella è stata avvolta da queste sensazioni, nella sua testa circolava il buio, non riusciva neanche a percepire il sentimento amorevole delle persone a lei molte care. Una voce cattiva le ha suggerito quel gesto orrendo.

Non ha avuto il tempo per comprendere che ognuno di noi nel proprio piccolo serve in società’, in famiglia, tra amici, magari non ce ne rendiamo conto, ma sono sicuro che sia così, occupiamo un posto nella vita di qualcun altro e non lo sappiamo fino a quando, o non ce lo dicono apertamente con un “T.V.B.”(anche sui social), oppure dobbiamo essere noi più perspicaci nel capirlo attraverso semplici gesti.

Mi viene in mente una canzone che mia madre canta spesso, quella di Francesca Michielin, “SOLA”

…….E continui a domandarti

Quale senso possa avere il tuo

Dolore

Risposte troverai

Prima o poi

In fondo all’amore

Che ti renderà più forte

E sarà una buona amica anche

La solitudine

Sì, sarà una buona amica anche la solitudine, questo avrei voluto dire ad Antonella, che a volte non servono parole di conforto, ma animo e forza di volontà tali da far uscire a calci dalla mente quella paura di essere soli. 

Danilo Clemente
IC Ronchi, Cellamare (BA)

INCONTRI DI SOLITUDINE

Quest’immagine rappresenta la solitudine, non è in bianco e nero, perché la solitudine non è solo scura, ma può avere anche dei colori propri. Rappresenta una ragazza che ha la mia età, è al mare ad ammirare un bellissimo tramonto e guarda l’altalena vuota.

È triste. Si vede. Magari vuole solo una migliore amica con cui parlare, chiederle com’è andata la sua giornata, cosa ha fatto di bello. Purtroppo non lo può fare. È sola in compagnia di persone a cui non importano i sentimenti altrui.

È una foto bianco e nero. Rappresenta una collina desolata, una panchina ai piedi di un unico, ma maestoso albero. Chissà, magari molto tempo fa, quella panchina era utilizzata dai bambini, che giocavano e poi si riparavano dal sole sotto i grandi rami, adesso è spoglio. L’albero e la panchina non sentono più le risate dei bambini. Sono soli ma, in atteggiamento di attesa: ARRIVERANNO MOMENTI PIU’ BELLI CHE RISCHIARERANNO LA VITA.

Che brutta quest’immagine, diremmo tutti. Che brutto non capire come sta la gente.

Sullo sfondo il mare, calmo, forse anche riposato, davanti una bambina, sola, triste, avvolta da un’area fitta e cupa. Questa immagine mi fa capire che con il passar del tempo, la solitudine, ti fa scomparire a tal punto che neanche gli altri si accorgono di te, tu non riesci più a pensare, tutti i tuoi sogni, la tua felicità, la tua storia di chi sei e chi potresti essere svaniscono.

Ragazzi siamo nel 2021 e la solitudine non dovrebbe più esserci, invece eccoci qui a parlare proprio di questo sentimento. La solitudine, che parolone perché so cosa si prova ad essere soli. Purtroppo, l’ho provata sulla mia pelle.  Vedere i ragazzi passare sotto casa felici, mentre tu sei lì seduta alla sedia davanti alla finestra spalancata a pensare cosa hai fatto di male, perché sei diversa. Ti fai tante domande, ma non trovi mai la risposta. Inizi a chiuderti in stanza, sotto il piumone del tuo letto a pensare, perché proprio adesso, adesso che tutto andava bene! Cominci a scrivere su un quaderno tutto ciò che ti passa per la mente, ti sfoghi e infine esci dal tuo mondo buio. Ma è proprio in questo frangente di vita che capisci quali sono i problemi che devi affrontare a testa alta senza nasconderti. C’è chi riesce a superare questo momento, altri no.

Ma tu sei forte devi riuscirci. Se ce l’ho fatta io, puoi farcela anche tu. Non buttarti giù, combatti finché puoi, parla con i tuoi genitori, esponiti, la gente capirà di che pasta sei fatta, TU DEVI SPLENDERE, come splendono le stelle la sera. Divertiti, fai nuove esperienze, stai sempre in compagnia, non escluderti a prescindere, perché secondo me a volte siamo anche noi che ci allontaniamo, ma tu non lo fare. Se affronterai tutto questo diventerai più forte di loro. Ripeti con me questa frase “CE LA POSSO FARE”. Sei forte ragazza, ce la puoi fare, anzi noi ce la possiamo fare!! 

Martina Perniola
IC Ronchi, Cellamare (BA)

             

La solitudine
Graziano Laragione, Elena Specchio, Giulia Martines
SS Michelangelo – Bari
Lo straniero
Giulia Granata
SS Michelangelo – Bari

Una Parola, Tante Emozioni
Vanessa Roccotelli
IC Ronchi, Cellamare (BA)

 Caro diario

Caro diario,

oggi la prof. di italiano ci ha assegnato un compito in cui dobbiamo scrivere la nostra “opinione” sulla solitudine.

Io ho scritto ovviamente delle cavolate, perché ho paura che gli altri mi giudichino se mi esprimo.

Allora lo farò con te, l’unico di cui mi fido. Tu mi dirai, come gli altri, tu non sei sola hai molti amici attorno, hai Federica, Roberta e Mery Jo con cui ti senti ogni singolo giorno, ed invece no. Ci sono anche loro, ma nonostante tutto mi sento un po’ sola. Non so nemmeno io il perché. Sarà che io rido rido con loro, ma dentro di me sto male lo stesso.

Anche se fossi circondata da migliaia di persone, penso che rimarrei sola. Non lo so. In questo periodo è un po’ difficile essere costantemente felice, in fondo sotto sotto tutti stiamo male, ma nessuno si lamenta. Hanno tutti quella maschera in faccia, dopotutto come me…

Ma non è colpa mia, io non vorrei mica che le persone si preoccupino per me, sempre se c’è quel qualcuno…

Ecco mi sto di nuovo sentendo sola, come se non ho nessuno accanto , forse è così, ma non devo perdere le speranze. Prima o poi qualcuno lo troverò, troverò quella persona che mi faccia star bene e che si occupi di me.

In fondo mi sto pure abituando a mascherare tutto con il sorriso … è come fingere di non sapere che hai un’amica falsa.

In questi giorni mi sto sentendo il pomeriggio con Roberta: mi racconta un po’ della sua vita .

Io ,anche se non ci riesco, cerco di consolarla. Dopotutto in questo periodo non ho da lamentarmi, sto bene con me stessa. Ma la cosa che mi fa sentire sola è il mio passato…

È quello il motivo per cui non mi fido e quindi mi sento sola.

Vabbè non ti voglio annoiare assai.

A domani amico mio, un bacio la tua principessa.

Alessia Boccuzzi
IC Ronchi, Cellamare (BA)

Dal profondo del mio cuore

Cara Solitudine, io non ti capisco proprio. Non riesco proprio a convincermi di come tu possa essere così devastante. Passi inosservata, da tutto e tutti, e solo le tue vittime possono notarti sul serio. Sei anomala.

Molti dicono che la solitudine è una sensazione normale e non provoca dolore. Ma io, io che l’ho passata posso garantire a tutti che non è così. Ti puoi sentire solo in ogni momento della tua vita. E quando parlo di te, Solitudine, non intendo il sentirsi soli per un istante o magari la situazione in cui si vuole stare da soli per un po’. No, quella non è solitudine, non è come quando passi le tue intere giornate da solo, completamente e non puoi fare niente, perché questa situazione cambi.

Tu, dannata Solitudine, riesci sempre a prendere tutti. Sei arrivata a colpirmi nel momento peggiore in cui saresti potuta arrivare: durante il primo lockdown. Era un periodo nuovo per tutti e si doveva per forza, senza alcuna scelta, stare chiusi in casa, per ore. Con un computer davanti agli occhi, che dominava la tua esistenza. Non si aveva la possibilità di fare nuove amicizie, tanto meno di parlare con i propri parenti. E io non avevo nessuno con cui confidarmi, o perlomeno nessuno che mi capisse. Certo, c’erano i miei compagni di classe, ma erano diversi da me, anzi, scusa, ero io diversa da loro. Mi sentivo un pesce fuor d’acqua, ponendomi sempre la stessa domanda: -Cos’ho di sbagliato?- Non mi accettavo, non accettavo il fatto di non essere come loro. Avevo pensieri, interessi, passioni, considerazioni diverse, completamente diverse. Anche se ero circondata da persone, si fa per dire, visto che  “circondata da persone” significava al massimo stare in videochiamata con qualcuno, mi sentivo sola.

Ed è vero che una persona si può sentire sola in mezzo alla gente, è verissimo,  ed anzi quella è la solitudine che fa più male. Fa più male, perché non capisci come possa essere possibile sentirsi soli in quella situazione, ti fai i complessi più assurdi nella testa e non riesci ad aprire bocca. -Ti sei isolata da sola!! -Sei solo una asociale-. Quante volte queste parole mi sono state pronunciate e si sono subito fiondate nella mia mente.  Quando ti senti diverso fa schifo, solo due parole, forti, per descrivere questa sensazione.

Tu tocchi al cuore, cara Solitudine. Ogni giorno che passa ne togli un pezzetto, e poi per ricostruirlo ce ne vorrà di tempo. Tanto.

Eppure, ora, l’unica cosa che posso fare è ringraziarti. Ringraziarti dal profondo del mio cuore ricostruito. Mi hai resa ciò che sono ora, forte. E senza di te, non saprei e non avrei imparato tutte le cose che so adesso. Mi hai fatto male, sì, tanto male, sì ma sono cresciuta grazie a te. Ho capito che non sono io ad essere sbagliata, nessuno è sbagliato: semplicemente non avevo incontrato le mie persone. Ho capito che arriva il momento in cui non ti sentirai più solo, quando meno te l’aspetti.

E sarai felice, tanto felice. E ti capiterà di ripensare ai momenti in cui ti sentivi triste e sola. Di ricordarli, e magari ti scapperà una lacrima, ma questa volta sarà solo una lacrima di gioia.

Alessandra Dell’Erba
IC Ronchi, Cellamare (BA)

LA SOLITUDINE È …

“La solitudine”, una brutta bestia vero? Tutti almeno una volta ci siamo sentiti soli.

Non importa quanti amici abbiamo, quante persone  circondano la nostra vita ogni giorno. Noi eravamo lì con un vuoto dentro, nessuno riusciva a colmarlo, e neanche noi sapevamo con cosa o chi potevamo riempirlo.

Ti senti come in una stanza, tutta buia, dove dentro ci sei solo tu che ascolti i tuoi pensieri che non hanno un significato preciso, ma ci sono.

Tutti provano a consolarti, dicendoti: “- Dai, non sei solo, io ci sono per te-”, bugie, dopo quella fatidica frase tutti spariscono come per magia.

Ecco per me questo è il vero significato di solitudine, non potersi fidare degli altri, perchè si  ha troppa paura di rimanere del tutto soli.

Ho sempre pensato che la cosa peggiore della vita fosse la solitudine, ma non lo è. La cosa peggiore è stare con persone che ti fanno sentire solo.

In questi momenti dentro di noi c’è una tempesta, una tempesta forte piena di lampi e tuoni, invece fuori sembriamo felici come un mare in piena estate.

Secondo me la solitudine non è consigliabile a tutti, perché bisogna essere abbastanza forte per sopportarla e per poter agire da SOLI!

La solitudine è … come se noi siamo dei palloncini liberi nell’aria, e poi arriva lei che è come un spillo, ci colpisce “- PUM!-” e noi esplodiamo.

Sulla mia pelle posso dire di averla provata solo una volta, ma è stata forte, veramente non riuscivo a capire tutto quello che mi accadeva, potrai dirmi “- ma hai solo 12 anni, come fai a capire cos’è la vera solitudine-”. Io ti risponderò con “- Sai la solitudine colpisce proprio noi all’inizio della nostra adolescenza, arriva come una lama tagliente-”

Vorrei chiudere così: per favore, non fate i finti amici e poi abbandonate. Se c’è bisogno aiutate e non mollate, perché così peggiorate le cose.

Jasmine Cirillo
IC Ronchi, Cellamare (BA)

La voce del silenzio

Caro diario,

non mi chiedere come è andata oggi a scuola, perché la risposta la sai già.

Oggi verifica a sorpresa, interrogazione di storia e test di chimica tutto nelle prime tre ore.

Per non parlare delle ultime due. Ci hanno dato da fare dei lavori di gruppo, che io odio, e mi hanno messa con MELISSA (la perfettina), Alessio ( che si crede Dio sceso in terra), Marco ( che si crede Einstein) e poi con Amelia ( la ragazza che non sa fare manco 2+2). Poi ci sono io che sono il lupo solitario della classe, ma a me piace essere sola, perchè come dice un detto “CHI FA DA SÈ FA PER 3”. Invece con i lavori di gruppo ci metti più tempo ad organizzarti che a fare il lavoro da sola! Io da piccola adoravo i lavori di gruppo, perché nei lavori di gruppo di quei tempi si facevano I DISEGNI, I CARTELLONI PER LE MAESTRE, I LAVORETTI e lì mi divertivo tanto con i miei amici, che ora non vedo più…… o meglio: li vedo ma da dietro ad uno schermo.

Da quando i miei genitori hanno trovato lavoro a Milano, non riesco più ad incontrarli, né tantomeno ad abbracciarli. Quanto mi mancano!

A scuola non socializzo con nessuno, perchè non li ritengo adatti alla mia idea di amico.

Per me sono solo compagni di classe.

Io penso che non si deve fare per forza amicizia con tutti, perchè gli amici non sono come i parenti che dal momento in cui nasci ti appartengono, gli amici sono persone che si scelgono perchè ti capiscono, ma dopo ci accorgiamo che da avere 10 amici, ce ne restano 2 o 3.

No, diario, non sono quella esclusa dalla classe …. Sono quella esclusa da me stessa.

E poi stare soli è molto più bello che stare in compagnia: stando soli senti il rumore del silenzio, sogni ad occhi aperti, ti catapulti in un mondo parallelo…… stando sola ti senti te stessa.

Sai, l’altro giorno Melissa mi ha chiesto se io avessi amici, e io le ho risposto di si, ma che non erano di qui, e allora lei mi ha detto che non devo stare da sola o finirò per essere soppressa dalla depressione. Io le ho detto che SOLITUDINE ed ESCLUSIONE non sono sinonimi, sono parole completamente differenti, perché esclusione è quando cerchi di stare con gli altri e ti respingono, ma SOLITUDINE è quando stai, appunto, da sola e nessuno ti dice niente o ti esclude, perché lo decidi tu.

L’esclusione può far male e dobbiamo essere noi a combatterla, e ci dobbiamo far aiutare dai nostri cari che siano amici, parenti, professori, qualsiasi persona che ci voglia bene e sia disposta ad aiutarci.

Ora andrò a rilassarmi in biblioteca, il luogo più tranquillo della terra e mi leggerò un libro lasciandomi cullare dal suono leggero che fa la solitudine: IL SILENZIO.

Sara Luisi
IC Ronchi, Cellamare (BA)

Dentro me
Domenico D’Onchia
SS Michelangelo – Bari
Rimedi alla solitudine
Valentina Atzori
SS Michelangelo – Bari
Per non esser soli
Giulia D’Amato
SS Michelangelo – Bari
La Solitudine
Alessandra Esposito
SS Michelangelo – Bari

Lettera dalla Solitudine

Caro Federico,

Come va? Spero tutto bene e spero che tu non sia ancora arrabbiato con me, come molti in realtà.

Infatti, non so se ne sei a conoscenza, ma molta gente non mi sopporta, o addirittura mi odia, credendo che io sia la causa di ogni problema esistente.

Pensano che io porti solo tristezza, dolore, rancore alle persone. E lo credono talmente tanto, che, pur di evitarmi, si tolgono la vita, presumendo che l’unica soluzione sia quest’ultima.

Cercando, anche sul Web, sono molti gli articoli che raccontano di questi drammatici episodi. Ad esempio:

“La donna si è suicidata a causa della solitudine”. Così la lettera aperta  inviata alla città da una soccorritrice che si è trovata, la settimana scorsa,  davanti al corpo in fin di vita della donna era a terra in una via del centro storico della città.

Oppure anche omicidi:

“Drammi della solitudine, anziani che uccidono coniugi malati e poi si suicidano: due casi in poche ore”.

Già, se non si fosse ancora compreso, sono io a scriverti, il tuo “peggior nemico”, come mi chiami tu: sono SOLITUDINE.

Sai, non è facile portare sulle spalle il peso di questi avvenimenti terribili. E non è altrettanto semplice e bello sapere che la gente è terrorizzata dalla mia presenza.

Come quasi in ogni momento, in ogni occasione, le persone guardano il lato peggiore e negativo delle cose (in questo caso di me).

Quindi io oggi sono qui a chiederti, per favore, di non odiarmi, (almeno non fino in fondo) e di trovare il puntino bianco in me, che sarebbe la positività.

Un po’ come nello yin e nello yang: sai, questo simbolo rappresenta la luce ed il buio. Lo yang è il bianco, lo yin il nero. Anche quest’ultimo, che all’inizio può sembrare una luce negativa, passiva, ha qualcosa di buono, che bisogna scoprire … come tutto d’altronde!

Nel mio caso, una delle cose positive che posso offrire, è trovare risposte a domande per le quali nessuno ci può aiutare a comprendere fino in fondo. Solo noi stessi la possiamo trovare.

Quindi, se qualcosa nella vita non ti fa andare avanti, non ti abbattere, perché sono le esperienze quelle che ci formano, soprattutto quelle negative.

Spero che comprenderai e accoglierai la mia richiesta. Fa tu la differenza!

Un abbraccio fortissimo da una tua grande amica.

Ti voglio un mondo di bene.

Con affetto
Solitudine

Maria Carla De Sario
IC Ronchi, Cellamare (BA)

NON AVER PAURA… TENDI TU LA MANO

Buio… Silenzio… Tristezza.
Il vuoto mi circonda.
Parole inascoltate
io urlo… ma tutti sono sordi.
Sguardi persi,
occhi ciechi, che non vogliono vedere.
Parole dure
che feriscono più delle lame.

Tu, piccolo fiore
non sei sola.
Hai visto quante mani tese?
Sono qui per aiutarti
e se non riesci a vederle
allora tendi tu la mano,
parla tu più forte,
togli i tappi dalle tue orecchie.

Non restare lì in disparte,
tu non sei diversa,
sei solo speciale.
E se vuoi piangere… fallo,
non ti devi vergognare.
Una persona a te cara
sarà sempre pronta ad ascoltarti;
troverà le parole giuste per poterti aiutare

Ilaria Mincuzzi
IC Ronchi, Cellamare (BA)

Qualcuno è in cerca di me

La solitudine è …
Confinarsi nel proprio silenzio
Soffocando
i dubbi ,
le idee,
le emozioni,
con la speranza
che tutto torni come prima

La solitudine è …
Ascoltare frasi
dettate dal vento
con labbra aride
come delle note di una canzone
che da una parte entrano
e dall’altra escono.

Essa penetra con forti sensazioni
come una freccia nell’anima
che ti trapassa
perché sai
di non poter essere colpito.

Alcune volte
di codesta
non ce ne accorgiamo.
È come il tempo
quando stiamo seduti sul divano.

Ma altre volte può essere pesante
e si rischia che non passi mai.

Detto questo ora ritorno nel mio angolo
da solo
aspettando
che qualcuno mi trovi.

Daniele Stabile
IC Ronchi, Cellamare (BA)

Soli ma … positiva-mente

Mi chiamano “la Solitudine”

Ma pur essendo una cosa brutta

Posso diventare un’abitudine

E di sicuro sono un’emozione che non si butta.

È bello essere soli mentre ti rilassi

Ed è come se te ne andassi.

Rifugiato in un altro mondo

Ti godi ogni millisecondo.

Puoi andare dove vuoi

Persino quando ti annoi!

Avrò pure un lato negativo

Ma puoi prendere questo difetto

e farlo diventare positivo!

Camilla Francesca Anaclerio
IC Ronchi, Cellamare (BA)

Je me sens seul
Nicolò De Paulis
SS Michelangelo – Bari
Ritorno alla Vita
Costanza Ricci
SS Michelangelo – Bari

Uniti oltre la solitudine

Durante il cammino della mia esistenza,
mi ritrovai in una disperata condizione
e la via della serenità era smarrita.

Come è difficile spiegare,
la solitudine, triste e malinconica,
che nella mente fa rinascere l’oscurità.

Davanti a me, nell’orizzonte,
ammiravo l’infanzia,
così scattante ed energica.

Quando mi sentivo libero,
quando nessuno mi fermava,
quando la vita aveva un senso.

Ma poi, la società matrigna,
ci ha tolto la fame di futuro,
fame di vita e di divertimento.

Uniti oltre le differenze,
le nazioni, i confini e le pandemie,
ci regaleremo un mondo migliore

Luca Mola
IC Ronchi, Cellamare (BA)

Via dalla solitudine

La solitudine non è una cosa bella

Ed è meglio che si cancella

La solitudine ti rende triste

Perché cosa più brutta non esiste

Se la solitudine vuoi lasciare

E felice vuoi   stare

Gli amici ti devi trovare

Così ci puoi anche giocare

Lasciamo la solitudine

Sennò poi diventa un’ abitudine

La solitudine dobbiamo lasciare

Se felice vogliamo stare

Ricordati di passare il tempo

con persone che ami

Cosi crei molti legami.

Gabriele Costanza
IC Ronchi, Cellamare (BA)

Io sono Antonella

Ciao Antonella,

Abbiamo sentito il tuo nome la prima volta un giorno di marzo quando la nostra mamma, docente in una scuola secondaria di primo grado, ci ha proposto di partecipare ad un concorso istituito per ricordare la tua breve ma sofferta esistenza.

Non sapevamo chi fossi e la prima risposta che abbiamo dato a nostra madre è stata: perché dovremmo? Chi è Antonella?

“Antonella era una ragazzina più o meno della vostra età che ha compiuto un gesto estremo”. La risposta di mia madre ci ha spiazzato e ha creato in noi un senso di inquietudine. “Antonella ha compiuto un gesto estremo” … ripetevo tra me. Mi dispiace, ha risposto mio fratello gemello, ma cosa c’entriamo noi?!

“Antonella siete voi, è il vostro compagno di giochi, è la vostra compagna di classe, è il ragazzo che abita alla porta accanto. Questa ragazza è dentro di voi più di quanto voi possiate comprendere e conoscere la sua storia servirà ad evitare che altri come lei commettano lo stesso gesto”.

Abbiamo liquidato la questione dicendo che non avevamo tempo per partecipare ad un concorso, ma nella testa mi martellava il dubbio del perché mia madre ci avesse identificato ad una ragazza che neanche conoscevamo. Cosa ci rendeva simile a te? Non ho alcuna intenzione di commettere alcun gesto estremo e neanche mio fratello! Ci accomuna l’età, e dunque?! Sembrava che la proposta di mia madre dovesse cadere nel vuoto. Mio fratello aveva acceso il suo Tablet. Starà guardando uno dei tanti video relativi ai suoi tanto amati Tegu, pensavo. Invece no…Stava digitando il tuo nome… A-N-T-O-N-E-L-L-A D-I-A-C-O-N-O.

Un click e sulla barra di ricerca di Google, sono apparsi tanti titoli che, oltre a fornire dettagli sul Concorso che porta il tuo nome, avevano in comune le parole “bullismo” e “solitudine”.

Bullismo… solitudine…

Mi sono seduta accanto a mio fratello. Credevo mi avrebbe allontanata…non abbiamo gli stessi gusti ed io non sopporto affatto tutti quegli animali viscidi di cui lui conosce ogni minimo particolare, così come lui detesta i video che io guardo della mia youtuber preferita. Stavolta no, non eravamo seduti su due divani distanti a guardare cose diverse…eravamo insieme a cercare di te, a capire. Sì, perché nella vita è importante capire, conoscere…

Cerchiamo tra i tanti link quello che ci permetta di conoscerti: chi eri? Chi ti ha fatto così male da indurti a farla finita?

Quattro anni fa, hai deciso di toglierti la vita. Vivevi a Valenzano, a pochi chilometri dal nostro paese, Triggiano, e né i tuoi genitori, né i tuoi parenti avevano presagito quello che poi sarebbe accaduto quel 28 novembre quando, anziché andare a scuola, hai pensato di salire sull’ultimo piano di una palazzina lì vicino e gettarti nel vuoto.

Chissà quali pensieri hanno accompagnato i tuoi ultimi momenti… chissà se anche solo per un attimo hai pensato che potevi ancora credere nella vita e vedere una lucina alla fine del tunnel della tua disperazione.
Chissà i tuoi genitori…
Disperazione, impotenza, senso di colpa per non aver intuito, per non aver capito e saputo leggere nei tuoi occhi, in qualche gesto furtivo… che avevi già deciso…
Continuiamo a cercare…

In un altro sito è riportata la testimonianza di tuo padre.
Abbiamo scoperto che amavi scrivere e che prima di andartene hai lasciato delle lettere personali nelle quali dichiaravi il tuo amore verso i tuoi genitori e che non addossavi a loro alcuna colpa.

Ma se hai deciso di farla finita, sarà colpa di qualcuno o di qualcosa! Riflette ad alta voce mio
fratello.
È la stessa cosa che stavo pensando anch’io…

In un altro articolo scopriamo che amavi il teatro, anch’io lo adoro… È da due anni che chiedo a mia madre di iscrivermi ad un corso di recitazione…l’avrebbe fatto, ma il Covid ha bloccato tutto.

Ti sentivi grassa, goffa e poco atletica… anch’io e mio fratello siamo cicciottelli e qualcuno con cattiveria lo fa notare a nostra madre, dandole pietosi consigli per il nostro bene e per la nostra salute. Parlano a bassa voce per non farsi sentire da noi, ma io li sento e vorrei scomparire.

Più leggo di te e più comprendo perché tu Antonella sei in ciascuno di noi…

sei nella rabbia del mio compagno di classe che non è stato compreso,

sei nella solitudine del ragazzo che al parco è stato deriso,

sei nella disperazione di un figlio che non si sente accettato,

sei nel disagio di chi arriva da lontano e si sente diverso.

Tu sei…

perché il messaggio che ci hai lasciato resterà per sempre a ricordarci che dobbiamo URLARE i nostri problemi, superare i pregiudizi e non fermarci alle apparenze.

Adesso accendo la radio, metto la musica ad alto volume e prendendo la mano di mio fratello e la TUA gridiamo al mondo intero che NON SIAMO SOLI.

Annabella e Antonio Colabufo
SS De Amicis – Dizonno, Triggiano (BA)

Felicità perduta
Giulio Sisto
SS Michelangelo – Bari

“La solitudine uccide. Ma quando sei circondato da amici quasi non credi

come e quanto possa essere devastante.”

Sì Antonella,

8.10 però tu non lo fare, dammi ancora un momento, vorrei provare a convincerti

io mi sento così, è un sottile confine tra essere soli e sentirsi soli. Come posso descriverlo? Esattamente come hai fatto tu: nonostante io sia circondata da tanti amici, sento quel vuoto dentro di me.

Sì Antonella,

8.20 i minuti preziosi, dammene ancora un po’

qualcuno è lì accanto a te, forse è lì per te, ma non può capirti, e tu sei un uomo che ha le parole dentro di sé, ma non ha voce.

Sì Antonella,

8.25 dammi ancora un po’ di te

si cade nel baratro della solitudine, uau sembra il titolo di un film, dell’horror. Ci si sente soli anche quando il tuo migliore amico spiffera ai quattro venti quello che gli avevi confidato, come se non avessero importanza, ma per te era un tesoro. Ti senti tradito!

Sì Antonella,

8.30 se solo ti avessi preso per mano

il tradimento di un fidanzato, alla nostra età? Sì perché no! Fa male uguale! La perdita di una persona cara, una situazione familiare disastrosa, persino un giudizio negativo su di noi ci ferisce. Ti sentivi così anche tu?

E il giudizio negativo di un professore, mettiamoci anche quello, dài!

Mi piace pensare che tutto ciò che ci fa sentire male finisca in una scatola, poi quando è colma, esplode e succede…

Succede che ti allontani dalle persone, sei aggressivo con le persone che vogliono aiutarti, ti chiudi in te stesso, scrivi …. scrivi tanto.

Antonella,

8.40 Chi è quel mostro riflesso nello specchio?

come si fa ad aiutare qualcuno che non crede in sé? Che non è felice? Me lo sono chiesto quando ho sentito parlare di te! La professoressa ci ha parlato del tuo papà e delle numerose foto di te che condivide sui social, quanto ti ama e quanto soffre.

Ho pensato che io potrei lenire il dolore degli altri, sì io cerco di fare sempre delle battute, niente di esilarante ma è bello vedere un sorriso che abbozza sui loro volti.

Mi piace pensare che posso aiutare gli altri a risolvere i problemi, anche se in realtà devo ancora risolvere i miei. Sai come mi chiamano? La psicologa di noi altri, a me piace essere chiamata così.

Antonella,

Siamo strane noi, siamo quelle che amplificano tutto quello che è intorno, non si può guarire, ma tu me la daresti una mano?

Diciamo insieme agli altri che giudicare non aiuta!

TEMPO SCADUTO

Ginevra Palumbo
SS Amedeo D’Aosta – Bari

Il mondo visto con gli occhi di Federica

Com’ era possibile sentirsi soli in un mondo così affollato?

E poi…c’era differenza tra “sentirsi soli” ed “essere soli”?

Quanti pensieri martellavano la mente di Federica…troppi per essere una ragazza di tredici anni; una di quelle che ci sono, ma di cui ci si dimentica…, una di quelle che vivono nell’ombra…in fondo all’aula, all’ultimo banco di scuola.

Tanto veloce la sua mente nel pensare, tanto lente e impacciate le parole nel venir fuori.

Eppure Federica era una guerriera: la sua armatura era un largo maglione che nascondeva le sue forme di ex bambina; il suo scudo quei grandi occhiali dalla montatura colorata che mascheravano le sue insicurezze; la sua arma invincibile, le sue cuffie, che le davano una carica incredibile sulle note delle sue canzoni del cuore, quelle che parlavano per lei quando le parole le mancavano.

Ma né l’armatura, né lo scudo la mettevano al riparo dalla paura: la paura di fare la cosa sbagliata, dire la cosa sbagliata, indossare abiti sbagliati, ascoltare la musica sbagliata.

Forse per qualcosa di sbagliato aveva perso i suoi migliori amici…, almeno per lei lo erano…

Nonostante la sua timidezza, alle elementari Federica aveva avuto dei compagni speciali, e anche in prima media si era trovata molto bene con la sua classe, se solo non avessero dovuto trasferirsi in un’altra città, a causa del lavoro di sua madre.
“Ma se io e papà rimanessimo qui?” Aveva cercato di convincerli lei, ma niente, i suoi genitori non volevano saperne; perciò era deciso: si sarebbero trasferiti. Così Federica aveva dovuto cambiare scuola proprio nel bel mezzo della seconda media. In quel poco che rimaneva dell’anno scolastico era riuscita a legare con qualcuno, in particolare con Niccolò e Sara. Con loro aveva trascorso momenti di grande gioia e serenità. Erano un trio affiatato, erano diventati una squadra incredibile. Era andato tutto bene sino all’inizio della terza media: pian piano, quelli che aveva considerato “migliori amici” giorno dopo giorno si erano allontanati da lei senza un ragionevole motivo. Era stato quello l’inizio della fine della loro amicizia. Alle interminabili ore di videochiamate che erano riuscite a farla sopravvivere durante i lunghi periodi di lockdown, si erano sostituiti gli interminabili pomeriggi di silenzio…

Da allora aveva provato un vuoto dentro, una profonda solitudine.

Nella sua mente ogni giorno si accavallavano mille pensieri che vagavano senza un’apparente senso logico, senza importanza, così almeno li presentava ai suoi genitori quando le chiedevano a cosa stesse pensando, entrando nella sua cameretta e trovandola che fissava il soffitto stesa sul letto.

Tornata a scuola, dopo quel lungo periodo di DaD, si sentiva smarrita: le pareva che tutti la guardassero come fosse stata un alieno, e ogni giorno che passava si convinceva di esserlo. Ogni volta che si guardava allo specchio trovava sempre un difetto nuovo, sempre una motivazione nuova per cui gli altri non avrebbero voluto starle vicino.
Aveva dato tutta se stessa a quell’amicizia, nella quale aveva creduto e che per lei significava tanto; eppure nemmeno quello aveva funzionato. Forse lei non era abbastanza simpatica, abbastanza bella, abbastanza interessante; forse non era abbastanza…speciale, cosa che invece la mamma le ripeteva spesso…

Quando tornava a casa e i suoi genitori le chiedevano come fosse andata la giornata rispondeva sempre e solamente “bene”, anche se naturalmente non era così.

Ora però sperava che quella dolorosa parentesi si fosse chiusa per sempre alle sue spalle, anche se nel fondo del suo cuore la ferita rimaneva ancora aperta.

A questo pensava Federica in quella bella mattina di settembre: sentiva che il vento era cambiato; il cielo sembrava più azzurro e il sole scaldava dolcemente.

Poteva considerare quello un inizio, l’inizio di una nuova avventura, di una nuova vita?

Mentre si dirigeva verso la sua nuova scuola, sentiva le gambe più leggere e il cuore meno pesante.

Per un attimo non si sentì ferma a bordo campo; poteva ancora giocare la sua partita, fare la sua parte. E la risposta al dilemma “sentirsi soli” o “essere soli” le fu chiara nella mente: lì fuori c’era qualcuno che forse la stava cercando, qualcuno a cui poter aprire il cuore e con cui avrebbe scritto una nuova e bella pagina della sua adolescenza.

Elena Lorusso
SS Ottavio Serena Pacelli – Altamura (BA)

SOLIabiTUDINE

È difficile accettare di non essere più quella bambina pura e innocente, che la storia della nonna non riesca più a tranquillizzarti, che una carezza non ti faccia sentire più al sicuro, che il tuo sorriso oramai sbiadito non riesca a contagiare qualcuno….

Ma allo stesso tempo quando cerchi di avvicinarti al mondo adulto ti senti soffocare, pensando di non essere abbastanza responsabile, di essere incapace di prendere la decisione giusta per te.

Di certo una pandemia globale che ci costringe improvvisamente a stare tutti a casa che ti fa perdere anche la forza di mettersi davanti al computer diventando completamente fantasmi per la società non aiuta, i veri amici con cui fare videochiamate sono davvero pochi, il rifugio dopo l’ennesima litigata con i tuoi genitori in quella cameretta ormai per te troppo colorata, ci lascia più tempo da passare in solitudine, fissando il soffitto, fingendo che tutto vada bene, consumandoci pian piano come una candela apprezzando per un attimo la sensazione di esserci fermati lasciando la mente vagare in libertà fin dove non crediamo di poter arrivare, ma alla fine giungerà l’ennesimo respiro profondo che ci farà ritornare alla brusca realtà.

Per staccare dalla vita ormai monotona, dai pensieri e da tutto ciò che non ci lascia spazio, utilizziamo i social, strumenti ideati come un semplice passatempo, ma, utilizzati in quantità esagerata, finiscono per farti immedesimare nella vita apparentemente perfetta delle altre persone, facendoci sentire sbagliati se non si rientra in una taglia 38, se non si indossa la scarpa all’ultimo modello…ma daremmo di tutto per essere chi non siamo pur di essere accettati dagli altri, anche a costo di far diventare la fame un semplice mal di pancia.

Per rimediare a questo cerchiamo di nasconderci, seguendo “la tendenza”, che ci porta a non avere più una nostra identità, diventando solo uno dei tanti ragazzi che si mimetizza nel gregge, e che, alla fine, smarrisce anche sé stesso, ma che di certo non sarà giudicato.

Ma la curiosità irrefrenabile di abbracciare la vita ci spingerà oltre questa paure fino a riuscire ad amarci per quelli che siamo e trovare la felicità nelle piccole cose, che io personalmente sto già cercando di raggiungere con buoni risultati passo dopo passo, tentando di trovare un equilibrio tra il giudizio degli altri e ciò che io voglio veramente, con obiettivi che spero di raggiungere in futuro nel migliore dei modi, per tornar a ricolorare con colori intensi e splendenti quel sorriso sbiadito.

 Noi ragazzi siamo come vasi di cristallo, fragili, apparentemente inutili e fermi come un soprammobile per paura di rompersi in mille pezzi al primo tocco, ma che con il tempo acquisteranno un grande valore.

Angelica Petronella
SS Ottavio Serena Pacelli – Altamura (BA)

La solitudine
Simone Cellamare
SS Michelangelo – Bari
Fate rumore
Elisabetta Carrassi
SS Michelangelo – Bari

Soli in un relitto dell’ Universo

Ci piace star soli, soli con noi stessi
a scavarci dentro, ad aprir fosse profonde.
A volte per caderci,
altre per guardarle, sempre per richiuderle, così che non spaventino.
Con l’aiuto altrui costruirci sopra sarebbe il nostro intento,
farne una montagna,
per scalarla,
per esser del mondo una vetta.
Spesso non ci aiutano a salire,
perchè troppo “pesanti”,
ci definiscon “insostenibili”,
quindi rimaniam giù, ormai stanchi,
mentre le fosse si riaprono e
ci confinano in noi stessi,
così da farci sentir persi.
Ragazzi miei reagite,
aspirate ad essere la vetta di voi stessi,
perché il mondo è troppo piatto:
un certo Tolomeo lo aveva detto,
ma è stato preso per pazzo!
Sol che non siam al centro dell’Universo,
bensì un relitto, che vien continuamente respinto.
Se quindi non volete calpestarlo questo mondo,
ma neanche esser calpestati,
siate la mano che lo riscrive,
che lo renda diverso.
Diverso come voi, come noi tutti:
siam sette miliardi di persone,
vorrei che la sfida fosse accettata,
senza troppi sbuffi!

Sophia Mazzone
SS Michelangelo – Bari

 La solitudine fa paura! 

La solitudine, si può definire forse come una “malattia” legata alla timidezza, che ci frena dal fare le cose che davvero desideriamo. Voglio raccontarvi la storia di una ragazza di dodici anni che, non avendo fratelli o sorelle, si sente molto sola, per questo pensa: <<Potrei fare una videochiamata con le mie amiche? Ma no, forse le disturberei, lascio stare>>. Allora resta sul suo letto a pensare e pensare a delle cose da fare, ma non le viene in mente nulla, solamente un immenso senso di vuoto. A volte, per “combattere” la solitudine, come molti credo, tende a prendere il telefono per vedere cosa fanno di bello gli altri; si sa, la vita delle altre persone è sempre più bella, soprattutto dietro ad uno schermo! Lei sa che non dovrebbe, ma altrimenti non saprebbe davvero cosa fare, è molto noioso restare soli. Inoltre molto spesso pensa ai momenti più belli, ai momenti in cui è stata benissimo con gli amici, per esempio in estate, non dovrebbe forse fare neanche questo, perché poi ci starebbe ancora peggio e si chiude ancor più in se stessa. In questi momenti di “debolezza”, questa povera ragazzina comincia a fare una serie di strani pensieri nella sua mente, domandandosi se rappresenta abbastanza per le persone che le stanno accanto, perché a volte, crede di non valere nulla. Specialmente in questo periodo, passa i suoi giorni a studiare, dormire, mangiare, fare videochiamate e usare il cellulare eh sì, le giornate sembrano tutte uguali, monotone. A tutti farebbe bene vivere una giornata di normalità, della vita che ormai tutti desideriamo: la vita di prima! Entrambi i suoi genitori lavorano (e questo è un gran bene) però ogni tanto vorrebbe passare un po’ più di tempo insieme a loro, anche stando a discutere, ma comunque insieme a loro. Però rimanendo sola ha comunque più tempo per riflettere su cose per le quali non aveva mai avuto quel tempo. Le viene allora in mente una frase, quella scritta da Antonella: << La solitudine uccide. Ma quando sei circondato da amici quasi non credi come e quanto possa essere devastante>>, e la ritiene pura verità, non importa da quante persone si è circondati e da quante persone si viene stimati, infatti, bisogna imparare prima ad amare se stessi, per poi a farsi amare dagli altri. “Amare se stessi”, ecco per farlo bisognerebbe prendersi dei momenti di pausa, una pausa dal mondo reale per immergersi nei propri pensieri, accettarsi e volersi bene. Ecco che allora, in questa nuova veste, la solitudine non fa così paura. 

Aurora Cramarossa
SS Michelangelo – Bari

Solitudine più non provo

In un angolo mi nascondo
per rifugiarmi dal mondo.
Silenzio qui si sente,
Ma il rumore là fuori è ancora presente.
Come l’immagine di un affresco
rimango immobile e più non esco.
Il buio che avvolge
e la solitudine che travolge.
Luce poi si intravede
tanta l’accoglienza che concede.
Un mano che si leva,
prende e ti solleva.
Solitudine più non provo
e la gioia di nuovo ritrovo. 

Carla Terlizzi
SS Michelangelo – Bari

 LA SOLITUDINE 

Vedo tutti questi sorrisi 

e vado in crisi. 

Rimango sola in silenzio senza parlare, 

mentre cerco di dimenticare. 

Cercando di rialzarmi 

riesco solo ad arrabbiarmi. 

Mi sento strana, 

come se mi stesse per crollare addosso una frana. 

Se parlassi con qualcuno 

mi sentirei inopportuno 

le voci nella mia mente 

mi fanno sentire impotente. 

Rimango ad osservare il mondo esterno 

mentre il tempo sembra eterno. 

Come faccio ad accettarmi 

in un mondo che cerca di abbandonarmi? 

La solitudine uccide 

e la nostra vita divide. 

Ma per stare bene con se stessi 

non è importante essere perfetti. 

Astarita Misasi
SS Michelangelo – Bari

Oscuri pensieri
Michele Cassano
SS Michelangelo – Bari
Solitudine grigio nebbia
Gabriele Lastilla
SS Michelangelo – Bari
Una ribellione decisa
Natasha Loseto
SS Casavola D’Assisi – Modugno
Soli senza volto
Gaia De Giacomo
SS Michelangelo – Bari

LA SOLITUDINE

Non è facile affrontare questo argomento, infatti sono tentata dal non scrivere niente. Anche se non mi è mai piaciuto lasciare il foglio in bianco, in questa situazione avrei anche potuto fare un’eccezione.

Il bianco è il colore che non esprime emozioni, è il colore vuoto, è il colore pallido e solo. Ma è anche il colore dell’abito nuziale. Chissà le spose come sono felici nell’essere immerse in quel vestito candido…

Questa è la dimostrazione che ognuno può intendere la solitudine in maniera diversa.

C’è chi preferisce avere dei piccoli momenti in cui vuole restare solo, solo con il proprio bianco, inizialmente inteso come un vuoto e poi invece come qualcosa di bello, come per la sposa potrebbe essere indossare il suo abito, con i propri pensieri, per ragionare e riflettere intensamente.

C’è chi invece intende il bianco come un colore solo: c’è chi si associa autonomamente a esso, perché si ritiene solo, con la sola compagnia del bianco.

C’è chi prova a farlo diventare nero perché tutto è meglio del bianco, anche il colore della paura è meglio di quello della solitudine, ma non ci riesce da solo.

C’è invece chi si rassegna, pensa che non tocchi a lui salvarsi, pensa che ormai è tutto deciso e si abbandona al destino.

Non certo Antonella. Antonella ha lottato, lottato contro il mostro della solitudine e contro quello del pregiudizio, ha provato a scrollarsi di dosso quella “seconda pelle”, come lei stessa la definisce, ma non ci è riuscita.

Tuttavia ha deciso di scrivere, scrivere era tutto quello che le rimaneva, ha provato a farlo e per un po’ tutto quel malessere se ne era andato, ma non per molto…

Antonella ha voluto dimostrare a tutti quelli che si sentono soli che lei era come loro. Ha voluto dare a tutti una motivazione per andare avanti, ha preferito morire, ma non invano.

Scrivere di lei è un onore immenso, che non ho mai provato in tutta la mia vita. È questo il motivo per il quale non voglio lasciare la pagina in bianco.

Quello che ci insegna Antonella è che il bianco non deve averla vinta su di noi. Vorrei ricordare a tutti che essere soli significa essere racchiusi in una bolla bianca. Ma se chiamiamo qualcuno sarà meno difficile dipingerla. 

Carlotta Troccoli
SS Michelangelo – Bari

La solitudine

La storia di Antonella… una ragazzina come tante, con i suoi sogni e le speranze di un futuro bellissimo, ma una vita troncata all’improvviso in modo atroce, con un volo da angelo senza ali.

Quanto può essere terribile la solitudine vissuta come un dolore che soffoca il cuore e annebbia la mente! Episodi spesso insignificanti possono creare grandi vuoti, far nascere insicurezze; sentiamo parlare di bullismo, di esclusioni, di parole o sguardi che feriscono come la lama affilata di un coltello.

Gli adolescenti spesso sono fragili e, pur essendo circondati da persone care, si sentono incompresi; in un’età in cui si dovrebbe essere solo felici, gioire di tutto, si ha l’impressione di essere inadeguati nella società… troppo grassi o troppo magri, “diversi” dagli altri; lo specchio riporta un’immagine quasi deformata e allora ci si chiude sempre di più in se stessi come fosse l’unica soluzione.

Chiedere aiuto!

Questa è la parola d’ordine quando si avverte una sensazione di disagio: chiedere aiuto ai genitori, ad un insegnante, a un’amica, a chi ti ama. La solitudine è come un ragno che pian piano intesse la tela, cattura con la cattiveria, l’invidia e la derisione la sua preda, fino a che quest’ultima perde la sua capacità di reagire e muore lentamente: rinuncia al presente, non sogna più, non ha speranze e progetti per il futuro.

La pandemia ha reso tutti più soli: poca comunicazione, giovani che non hanno saputo trovare un’alternativa all’isolamento forzato; eppure basterebbe poco!

Dedicarsi a una passione, impegnarsi nello studio, nella lettura, coltivare un hobby, avere più dialogo con i familiari… e ancora, ascoltare buona musica, canzoni che parlano al cuore, come “Meraviglioso” di D. Modugno, un inno alla vita, per capire che un gesto estremo, pensando sia il modo migliore per non soffrire più, in realtà condanna le persone che ti hanno amato ad una “solitudine” per sempre!

Giulia Trizio
SS Michelangelo – Bari

La solitudine

A volte ci chiediamo se la solitudine sia una situazione positiva o negativa. Secondo me ci sono due tipi di solitudine:

1. Il primo quando sei tu che vorresti stare un pò da solo per riflettere;

2. Il secondo se sono gli altri ad isolarti e non volere la tua compagnia, perché pensano che tu sia diverso.

In quest’ultimo non sei tu a sbagliare, ma loro.

C’è solo una razza nel mondo: quella umana.

Siamo tutti diversi ed è questo il bello. Un giardino con tutti gli stessi fiori annoia. Se fossimo tutti uguali, sembreremmo dei robot che fanno sempre le stesse cose.

Alcune persone pensano che l’amicizia possa esserci solo quando si hanno gli stessi interessi, ma non è così. Per esempio la mia migliore amica è super diversa da me: a me piace il cioccolato al latte, scrivere, suonare, parlare, essere aiutata; a lei il cioccolato fondente, leggere, cantare, ascoltare, aiutare. Sono proprio queste diversità che ci completano a vicenda.

Litighiamo, ma facciamo subito pace al pensiero che non possiamo fare a meno l’una dell’altra.

Io sono una persona molto chiusa, ma la mia amica mi ha aiutato a fidarmi. Ci siamo conosciute a Catechismo e, all’inizio, mi nascondevo dietro mia madre quando la vedevo, perché mi vergognavo. Ora, invece, frequentiamo anche alla stessa scuola e siamo inseparabili. Dato che non possiamo vederci dal vivo, tranne che a scuola, facciamo tante video-chiamate.

Insieme abbiamo costruito una tabella su quello che faremo quando sarà ormai finita la pandemia.

Quello che davvero mi stupisce è come io abbia fatto a cambiare positivamente. Lei e alcune professoresse, con i loro discorsi, mi hanno fatto comprendere che se non provo a buttarmi, a fare amicizia non posso dire di non avercela fatta. Tutti si possono far valere.

La solitudine c’è forse perché alcuni non ci riescono, quindi gli altri pensano siano più deboli e incapaci. Ma tutti abbiamo qualcosa che ci riesce meglio, anche se la teniamo nascosta… All’inizio può sembrare una piccolezza, ma se vi impegnate diventerà parte di voi.

Antonella sono sicura che a suo modo ci sia riuscita. All’apparenza sembrava una ragazza allegra, ma il dolore c’era ed era dentro di lei. Quel dolore, però, ha lasciato in noi un insegnamento denso di significato.

Mariasilvia Caldarazzo
SS Michelangelo – Bari

Albanese, Amoruso, De Marzo Greta, Serafino, Tempesta
SS Michelangelo – Bari

C’è sempre una speranza
Fabiola Turi
SS Casavola D’Assisi – Modugno (BA)
Vi raccontiamo la solitudine
1^G
SS Casavola D’Assisi – Modugno (BA)
La poetica della solitudine
2^H
SS Casavola D’Assisi – Modugno (BA)

Sei solo 

Tantissime persone 

ma nessun amico. 

Sentirsi solo fra gli altri. 

Crolli e nessuno se ne accorge. 

Urli, gridi, ti disperi, 

ma nessuno ti sente. 

Sei solo. 

Stare in compagnia 

non è solo stare con gli altri, 

ma stare BENE insieme agli altri. 

Ressa, Vecchione, De Nicolò, Vivace 
SS Michelangelo – Bari

 Profonda solitudine 

Si nasconde dentro l’anima 
non sempre è visibile agli occhi della gente 

la solitudine 

ti riempie di malinconia 
e fiducia più non hai nella vita. 

È come una freccia 
che trafigge il tuo cuore in ogni momento, 
dolore e sofferenza sono il tuo tormento, 
solo lacrime sul tuo viso. 

È profonda come il mare, 
la solitudine. 
Ti lasci andare giù nell’oscurità degli abissi 
e non riesci a risalire. 

Non sempre è un male 

la solitudine 

è un momento di riflessione 
per trovare il coraggio di cambiare, 
aprire il cuore a chi ti ama e tornare alla vita. 

De Santis, Ciavarella, Colonna, Caroli, Puglisi 
SS Michelangelo – Bari

UN NEMICO INVISIBILE 

La solitudine è come un velo 
che maschera i sentimenti di ogni persona, 
ma quando il velo viene tolto, 
capisci quanto possa far male. 

È strano, ma la provi anche se sei in compagnia. 

Si sente, si avverte, si percepisce il dolore, 
come un incubo dal quale non ci si può svegliare. 
come una trappola, una prigione, 
da cui scappare! 

Se solo le avessi dato un nome, una forma e un corpo, 
avrei sofferto meno e probabilmente sarebbe stata un’amica silenziosa 
e avrei avvertito meno vuoto intorno a me. 

Calabrese, De Marzo Giuseppe, Longo, Maiorano, Pugliese
SS Michelangelo – Bari

SOLITUDE

Seul dans ma chambre

On cherche une compagnie

Loin de mes amis

Ici ma solitude

Triste, je suis triste

Un jour après l’autre

Dans mon ordinateur

Est toute ma vie!

Stefano Scattarella
SS Michelangelo – Bari
Maddalena Pirrò
SS Michelangelo – Bari

 Ricetta per scacciare la solitudine 

Molta gente è chiusa in sé 

e non capiamo il perché! 

Ecco una ricetta per scacciare la solitudine, 

provala, funziona ad ogni latitudine! 

1. Prendere tante nuove esperienze. 

2. Mischiarle con la voglia di compagnia. 

3. Non pensare di poter bastare a se stessi. 

4. Aggiungere un pizzico di ironia e sincerità. 

5. Mischiare con sicurezza e autostima. 

Non escludere nessuno di questi ingredienti! 

Non aggiungere nemmeno un briciolo di permalosità. 

Lasciare riposare. 

E ora mangia in un sol boccone 

e diventerai un simpaticone! 

Anna Ranieri
SS Michelangelo – Bari
Se ci abbracciamo possiamo farcela
2^E
SS Casavola D’Assisi – Modugno
La maschera e il bagaglio
2^F
SS Casavola D’Assisi – Modugno

Racconto autobiografico: Solitudine e amicizia

“La solitudine uccide. Ma quando sei circondato da amici quasi non  credi come e quanto possa essere devastante.”

Una frase che fa riflettere, soprattutto se a dirla è una nostra coetanea, sì, perché in fondo, Antonella, era una di noi, una ragazzina che davanti a sé aveva tutta la vita, nel pieno della sua adolescenza, un periodo difficile, ma anche fatto di gioie, divertimento, allegria, dove magari l’unica preoccupazione dovrebbe essere quale scuola scegliere dopo la terza media.

Evidentemente per Antonella, non è stato così!

Non riesco ad immaginare cosa possa aver provato quando ha scritto quella frase, ma di una cosa sono sicuro però, Antonella pur avendo degli amici, si sentiva sola, forse erano gli stessi amici che la facevano sentire così; magari lei era quella diversa, quella che non seguiva le mode, che quando si ritrovava con i suoi compagni ai giardinetti, se ne stava seduta in disparte, non perché non volesse stare con loro, ma perché semplicemente si sentiva a disagio e fuori luogo. Se pensiamo o agiamo in maniera diversa, le persone ci attaccano sempre addosso un’etichetta sbagliata.

Ecco io penso che Antonella con quella frase, abbia voluto urlare tutta la sua solitudine, il suo sentirsi incompresa, e proprio quegli amici che avrebbero dovuto aiutarla, l’hanno invece spinta a fare quel gesto estremo, perché non importa avere cento o mille amici, se ci si sente inadeguati, si è sempre soli, ed è così che io ho immaginato Antonella, circondata da tanti amici, con lei al centro che urla, mentre gli altri non l’ascoltano.

La solitudine, non è una cosa che mi spaventa troppo, perché di solito, a me a volte piace stare solo, ritagliare dei piccoli spazi per me, in cui faccio le cose che più mi piacciono, come guardare una serie alla Tv, o semplicemente giocare con il mio gatto.

Questo non vuol dire che ami la solitudine, ho degli amici, non sono tanti, ma per me, è importante il “pochi ma buoni”. Non frequento tanti ragazzi, ci sono alcuni con cui a volte mi sento un po’ a disagio, per questo preferisco circondarmi di persone che credo siano la compagnia giusta per me, con i quali poter parlare di tutto, senza sentire per forza il bisogno di sentirmi accettato a tutti i costi.

Per un ragazzo come me, che a scuola va bene, e che non ha mai avuto problemi, il cosiddetto “secchione”, non sempre è facile avere amici, perché il più delle volte non vengo invitato alle varie feste, o ad uscire per una passeggiata al parco.  Non me ne sono mai fatto un problema, perché evidentemente i miei compagni non hanno mai voluto conoscermi a fondo, quella che ci rimane male per i mancati inviti è mia madre, e quindi quasi sempre, sono io che consolo lei.

Fortunatamente ho un carattere abbastanza forte, non mi lascio buttare giù facilmente, ho ricevuto anche io offese sul telefono a cui ho risposto ignorandole, ma la storia di Antonella mi ha ricordato di un mio compagno delle elementari che invece, è stato preso di mira da un gruppo di bulletti stupidi. L’ho aiutato e sostenuto tutto il tempo necessario a vincere quella sfida della stupidità!.

La pandemia non ha aiutato molto tutti noi a socializzare, chi si sentiva solo, adesso si sente ancora più solo, però in questo caso, i social network hanno dato una grande mano, hanno accorciato un po’ le distanze, perché anche se un mio amico non lo posso incontrare, almeno gli posso scrivere. Pur non usando Facebook, Instagram o altro, grazie al telefono, riesco a sentire i miei veri amici ogni giorno, e a continuare a coltivare queste amicizie, che si sono rafforzate ancora di più.

La solitudine in quest’ultimo periodo non mi ha spaventato anzi, forse anche perché non è stata una nostra scelta, ho semplicemente imparato che al momento è così che deve andare, e apprezzo di più le piccole cose.

Non dobbiamo pensare sempre alla solitudine come a un’esperienza negativa, a volte è vero può portare a gravi problemi, ma può anche essere un’opportunità per cercare di conoscere meglio noi stessi, e può aiutarci a crescere sotto tanti punti di vista.

Come immagino il mio futuro? È difficile rispondere adesso a questa domanda, ho tanti sogni, ma sicuramente con pochi veri amici, che sappiano sempre tirare fuori il meglio di me, e non il peggio.

Alessandro Fittipaldi
SS Michelangelo – Bari

 Racconto autobiografico: Convivo con la solitudine

Io convivo con la solitudine da quasi due anni e, spesso, mi capita di dire a me stessa “ok, sono sola ”.

Alcuni di noi percepiscono la solitudine più di altri; quando siamo in compagnia tutto ci sembra più bello e non ricordiamo quanto sia doloroso sentirsi soli.

Molte volte mi sento più piccola rispetto agli altri, non fisicamente ma nel rapportarmi a loro, mi sento insicura e temo di sembrare ridicola.

La solitudine molte volte nasce anche dalla diffidenza, ed io non sempre sento di potermi fidare delle persone che mi sono intorno.

Da piccola, ad esempio, giocavo sempre con due bambine vicine di casa, coetanee, però crescendo ho scoperto che si vedevano di nascosto da me, mi escludevano dai loro giochi e dalle loro confidenze, e quando ho chiesto di spiegarmi il motivo del loro comportamento, hanno trovato l’alibi che fossi poco disponibile perché spesso stavo a casa dei nonni, in un’altra città! Quanto mi faceva sentire male quella loro ipocrisia e come soffrivo per quell’amicizia che mi sfuggiva!

Alla Scuola elementare due miei compagni di classe mi schernivano chiamandomi denti di latta perché avevo l’apparecchio ai denti, forse un giorno avrei avuto un sorriso da attrice ma allora soffrivo molto!

Cominciato un nuovo ciclo di studi, la Scuola media, i rapporti con i miei coetanei non sono migliorati ma sono sempre difficili e faticosi! Stavo legando con le compagne di classe, ma ora non mi chiamano più. Io del resto sono a disagio con loro, sento di non avere niente di cui parlare, le stesse che ieri mi chiedevano i compiti ora ridacchiano se qualche insegnante mi richiama perché mi distraggo. Lo ammetto, tante volte mi distraggo ma non so per quale motivo e non riesco a concentrarmi quanto dovrei in DaD. È ritornata tutta la mia insicurezza e la mia scarsa autostima. I miei compagni fanno a gara per intervenire in DaD. Quando m’interrogano, vorrei che mi leggessero nel pensiero per non far sentire la mia voce. Proprio quando mi chiedo se si è sentito quello che ho pronunciato mi accorgo che c’è qualcuno che sta sovrapponendosi alla mia voce e sta dicendo la stessa cosa che avrei dovuto dire io. La rabbia incalza e mi manca l’approvazione degli insegnanti!

 Non so cosa pensano di me le persone, pensavo di poter sembrare simpatica per questo motivo ogni volta che vedo la gente rido e scherzo, non vorrei mai che capissero quanto sono triste.

Insomma immagino le sensazioni provate da Antonella ma il suo gesto mi sembra davvero inaccettabile, non potrei mai scegliere l’inesistenza al cercare di migliorare me stessa.

Sono una ragazza a cui piacciono i social, adoro vedere le foto e conoscere coetanei che forse non vedrò mai ma che hanno le mie stesse passioni cioè la musica, l’arte e la natura.

In questo periodo sto conoscendo molte persone infatti, sto facendo amicizia con ragazze di Napoli, Palermo e Milano, ho conosciuto anche due ragazzi che sono dei cantautori bravissimi: condividiamo tutti la stessa passione per la musica, per un cantante in particolare, facciamo videochiamate e parliamo molto; questo mi rende più felice,

Non amo sentirmi sola o diversa eppure mi isolo dal mondo, rimango nella mia stanza buia e ascolto la musica a tutto volume con le mie cuffiette, questa cosa mi fa stare bene. Quando mi sento triste la musica mi guarisce. I miei genitori ci provano a capirmi ma in realtà è difficile! 

Serena Caprio
SS Michelangelo – Bar

L’ombra della solitudine
Flavio Cupani
SS Padre Vaccina – Andria
L’amicizia, la chiave che apre il lucchetto della solitudine
Vincenzo Salvino
IC Calò – Ginosa (TA)

Racconto autobiografico: La luce e la forza sono dentro di noi            

         L’esperienza della solitudine è molto comune e assai diffusa soprattutto tra i giovani. Molti adolescenti si sentono soli, convinti di non aver nessuno al loro fianco e anziché trovare conforto nella loro famiglia o nei loro amici più cari si rifugiano in loro stessi chiudendosi in lunghi e tristi silenzi che, spesso, nei casi peggiori portano al suicidio come nel caso di Antonella.

Ultimamente a scuola abbiamo conosciuto il padre di Antonella che con molto coraggio ha raccontato di sua figlia, della sua storia.

Antonella si sentiva sola, leggeva molto e probabilmente trovava rifugio nei suoi libri e nei testi che scriveva.

Prima di suicidarsi ha lasciato una lettera in cui parlava delle sue emozioni e di come si sentiva. Tra le sue parole risaltano queste ultime: “La solitudine uccide. Ma quando sei circondato da amici quasi non credi come e quanto possa essere devastante.”

Secondo me con questa frase Antonella sottolineava ancora di più il concetto di solitudine e metteva in risalto quanto si sentisse sola anche se circondata da amici.  Si sentiva diversa, quella diversità che per lei non lasciava stupore ma indifferenza. Non dava valore alla sua persona e pian piano questa autoconvizione l’ha logorata. Neanche i social l’hanno aiutata a socializzare ma a parer mio hanno fatto in modo da accentuare la sua sofferenza. Lei anche online non si è mai aperta con nessuno ma continuava a scrivere e a “esternarsi” nei suoi scritti.

Devo confessare che anche a me capitano i momenti di solitudine in cui vorrei aver tempo da dedicare solo a me stessa, per riflettere e starmene un po’ tra me e me. In quei momenti bui però cerco sempre poi di ritrovare quella “luce” interiore che mi dà forza e che mi fa capire quanto sia importante la vita e il valore che io rappresento per gli altri, per quelli che mi vogliono bene. Mi dispiace però che non tutti riescono a trovare questa forza e questa luce dentro di sé.

Mi rendo anche conto che oggi l’immagine che diamo di noi stessi nella società è distorta. Bisogna sempre apparire al meglio, mostrarsi perfetti e spesso fingendo di essere ciò che non siamo realmente.

Io sono del parere che siamo tutti diversi e non abbiamo motivo di uniformarci tutti solo per seguire la massa ma dobbiamo essere sempre noi stessi  anche se non piacciamo a tutti, Noi siamo questi, noi siamo così, speciali a modo nostro, tutti diversi ed il bello sta proprio ,da parte degli altri, nell’apprezzare la nostra unicità senza giudicarci.

I social possono aiutarci per un po’ nel socializzare ma dobbiamo sempre saper distinguere il reale dal virtuale e soprattutto capire che, per quanto possano essere di nostro gradimento, dietro molti social il pericolo è sempre in agguato, e quindi dobbiamo prestare molta più attenzione quando decidiamo di affidarci a loro.

Gaia Ladisa
SS Michelangelo – Bari

Racconto autobiografico: L’isolamento: una scelta di solitudine?

La solitudine è un tema molto vicino alla realtà di noi adolescenti perché è una condizione personale in cui ci sentiamo rispetto alle persone o ai compagni/amici che ci circondano; ma la solitudine è anche una condizione forzata d’ isolamento in cui ci troviamo a causa della pandemia covid-19 che ha coinvolto il genere umano a livello mondiale.

É davvero sconvolgente pensare che la “solitudine” che a volte cerco in casa come spazio intimo, personale, in cui prendermi una pausa dallo studio o dalla presenza della mia famiglia, non potendo uscire, abbia portato una coetanea a compiere un gesto così estremo come quello di suicidarsi. Sto parlando della storia di Antonella che diceva: “La solitudine uccide.  Ma quando sei circondato da amici quasi non credi come e quanto possa essere devastante”.  Che cosa intendeva dire Antonella? Per lei, come ci ha raccontato il padre nell’incontro virtuale organizzato dalla nostra Scuola, essere da soli non ci permette di sopravvivere, ma sentirsi soli in mezzo agli altri che si reputano amici e non si comportano come tali, escludendoci, è una sofferenza anche peggiore.

Come adolescente non ho avuto molto modo di sperimentare la solitudine di cui parla Antonella perché sono circa due anni che vivo in isolamento ma con la mia famiglia.  I miei compagni delle medie li conosco poco se non attraverso quello che mostrano di se stessi nella classe virtuale o che scrivono in chat; ma l’immagine di noi stessi non è sempre quella che “sponsorizziamo con gli altri” ed io lo so perché io per primo cerco di non mostrare le mie debolezze, come la timidezza che devo sconfiggere quando sono interrogato; Un po’ mi fa sentire solo non condividere con i miei compagni le mie passioni quali il disegno e la lettura degli anime -cartoni animati giapponesi- per non sembrare un esibizionista. È difficile sentirsi liberi di essere se stessi quando non sai chi hai di fronte!

I miei amici sono distanti da me e non solo fisicamente; li sento molto di rado e mi accorgo che sono meno aperti con me. Suppongo stiano soffrendo questa solitudine e la mancanza di stimoli: incontrarsi, fare gite insieme, mangiare una pizza o un gelato il sabato, fare sport insieme… sono momenti di vita condivisa che ci univano. Sicuramente tramite i social almeno non si perde il contatto, ma manca quella complicità, quell’intimità che ci permette di fare confidenze ad un amico o di chiedergli un consiglio. Il rapporto con gli amici e i compagni si esaurisce in una battuta o in una partita ad un gioco online senza trarne quel piacere appagante di stare insieme.

In questo periodo in cui ai cambiamenti fisici si uniscono i miei sbalzi di umore, questo isolamento mi permette di abituarmi al mio nuovo me stesso che mi ritrovo ad essere; meno felici sono i miei famigliari che mi devono sopportare!

La mia solitudine è più un limite alla mia libertà d’azione che una solitudine d’animo perché sono sempre circondato dall’energia coinvolgente della mia famiglia. Sto scoprendo che so prendermi cura degli altri aiutando in casa e gestendo il mio fratellino quando mamma deve fare i corsi di aggiornamento. Mi sento amato ed accettato anche quando sbaglio o vengo rimproverato perché devo meglio gestire i miei doveri nei tempi scanditi della giornata.

Diverso è stato l’ambiente in cui Antonella cercava la propria affermazione ed io sperimenterò queste situazioni quando ritornerò ad una vita sociale con i miei coetanei. Spero di essere così forte da saper esprimere sempre il mio pensiero ed i miei sentimenti senza preoccuparmi di dover compiacere chi ho di fronte. Il libro di Antonella “io sono come il mare” è una denuncia dell’isolamento in cui spesso gli altri possono rinchiuderci, ma l’antidoto, come ci dicono i genitori di Antonella, è la RESILIENZA, cioè la capacità di trovare la forza di ricominciare a costruire legami, proponendosi agli altri. Siamo tutti “ come il mare”! Gli stati d’animo cambiano con la stessa velocità delle onde e noi siamo l’insieme contrastante di tutte quelle onde.  

 Ognuno deve trovare uno strumento per raccontare e raccontarsi agli altri: lo scrivere, la pittura, la fotografia, la musica… perché per poter vivere bisogna aprire un dialogo con gli altri. L’isolamento può essere anche una scelta di crescita e di arricchimento ma deve essere sempre alternato con la socialità e lo sforzo di costruire relazioni e legami come insegna la volpe al Piccolo Principe.

Giovanni Caragiulo
SS Michelangelo – Bari

Articolo di giornale: Cronaca di un fiore spezzato

Il 31 Marzo 2021 la scuola ha organizzato un incontro a cui noi alunni abbiamo partecipato, dove abbiamo avuto l’opportunità di incontrare Domenico Diacono.

Lui è il padre di una ragazza, di nome Antonella, che con il suo inaspettato suicidio ha sconvolto tutta la famiglia; si è tolta la vita gettandosi da un palazzo il 28 novembre 2017.

Questo suicidio ha gettato nello sconforto non solo la sua famiglia ma tutti quelli che la conoscevano perché lei apparentemente veniva vista come una ragazza solare e felice con tanti interessi e tante attività  che la vedevano coinvolta e partecipe ; “a volte era solo un po’ pigra“ come racconta il padre.

Invece tutta questa apparente felicità mascherava un’oscura verità cioè la sua depressione, che agli occhi della famiglia non era per niente visibile ma in realtà c’era, ed era così pesante che Antonella non facendosi aiutare da nessuno e cercando di sistemare tutto da sola, non è riuscita a superare.

I suoi genitori dopo sei mesi dalla sua scomparsa hanno deciso di creare un’associazione di volontariato “Anto Paninabella” con un sito online per diffondere la cultura della cura e della relazione e del dialogo contro l’indifferenza e la solitudine.

Antonella negli ultimi giorni di vita ha scritto dei biglietti rivolti alla sua famiglia dove spiegava le sue difficoltà e non colpevolizzava nessuno di loro in particolare. Una frase che scrisse oggi è il motto dell’associazione è “La solitudine uccide. Ma quando sei circondato da amici quasi non credi come e quanto possa essere devastante.”

Con questa frase Antonella voleva sottolineare quanto la solitudine fosse devastante, crudele. Lei veniva esclusa dai propri compagni di classe perché dicevano che era diversa. In realtà pensava di farcela da sola a superare questi momenti, ma così non è stato. Non c’è riuscita. È proprio durante l’adolescenza che si sperimenta per la prima volta e più intensamente la solitudine.

Tutti noi abbiamo sperimentato una nuova forma di solitudine, con la pandemia di Coronavirus che ci ha costretti, ormai da più di un anno, a rimanere chiusi in casa senza vedere le persone care. Sono cambiati i ritmi e le abitudini quotidiane, bruscamente gli impegni si sono diradati o come nel mio caso e le attività sono state sospese, lasciandomi una grande quantità di tempo. Prima della pandemia molte ore del pomeriggio le passavo fuori casa, perché giocavo a tennis, suonavo il pianoforte e poi uscivo in bici o a fare una passeggiata con i miei amici. Ora le lezioni di piano le faccio un po’ online e un po’ in presenza, non facciamo più i recital e non ci sono più quei momenti di aggregazione come una volta.

Nel primo periodo di pandemia mi è capitato di provare un senso di solitudine a causa di questo isolamento forzato, lontano dai miei amici però sono stato capace di riorganizzare le mie giornate e adesso ci vediamo sempre tramite ipad, ridiamo, giochiamo e scherziamo come se fossimo vicini – in questo caso la tecnologia che di solito allontana ci ha avvicinato – e poi i tanti compiti mi riempiono la giornata. Certo le mie amicizie sono limitate ma forse sono più intense e vere.

Purtroppo per Antonella non è stato così, pur essendo circondata dall’amore dei genitori e dei parenti, non ha trovato delle persone adatte con cui confidarsi per esprimere le sue emozioni, le sue paure e liberarsi da tutto questo grande peso. Noi ragazzi dobbiamo aiutarci, dobbiamo capire che nessuno deve essere escluso dal gruppo, deve sentirsi diverso o solo.

Andrea Petruzzi
SS Michelangelo – Bari

La solitudine in dieci parole
Ilaria Tondolo
SS Padre Vaccina – Andria

Le due facce della solitudine
Vanessa Teresa Scarpa
SS Casavola D’Assisi – Modugno (BA)
Adriana Calabrese
SS Michelangelo – Bari

La solitudine

La solitudine è un insieme di emozioni, ci possono essere emozioni belle e piacevoli ma anche brutte e sgradevoli, questo dipende se lo stare soli è stato deciso volontariamente, se è ciò che vogliamo fare anziché fare sempre ciò che vogliono gli altri; in questo caso ci si sente il capitano della propria nave che deve attraversare diverse tempeste e ostacoli. Quando siamo soli ci sentiamo anche pensierosi e ci ricordiamo dei momenti belli, di scelte di cui ci siamo pentiti, o semplicemente pensiamo un po’ a noi stessi.

Quando invece sono gli altri che ti lasciano solo ci sono solo sensazioni brutte, di disprezzo verso sé stessi, si finisce per sentirsi diversi ed esclusi, ci si ritrova a pensare più volte a cosa dire o cosa fare in presenza degli altri per sentirsi accettati, e si provano molte sensazioni spiacevoli.

A me è capitato spesso di rimanere sola perché le altre compagne non mi volevano con loro, tutto questo è iniziato più o meno in quarta elementare. Le mie compagne mi deridevano senza un motivo logico e per questo iniziai a stare sola e a scuola parlavo solo per rispondere alle domande che faceva la maestra, e ciò per me era insopportabile, dato che io parlo sempre, e il fatto di non parlare con gli altri ma solo con la maestra mi faceva sentire come in una scatola chiusa a chiave che nessuno aveva l’intenzione di aprire.

Dopo la scuola andavo solitamente a danza e anche lì la situazione non cambiava molto. Le altre bambine erano sempre insieme e io mi continuavo a sentire sola, anche se alcune volte provavo a parlare con loro. Oltre alle bambine c’erano anche le mie istruttrici di danza che mi mettevano sempre dietro, lontana da tutte, perché secondo loro ero solo di intralcio per le altre che ballavano e quindi dovevo stare sola.

Dato che ero abbastanza piccola iniziai a credere di avere una brutta malattia e che per questo gli altri non mi volevano stare vicino, ma poi con il passare del tempo iniziai a soffrire di crisi di panico che mi portarono a non dormire più la notte e saltare molti giorni di scuola.

Per fortuna finita la scuola elementare tutto è cambiato, ho trovato delle persone che mi vogliono bene e che mi fanno sentire speciale e unica, ho anche cambiato scuola di danza, ma il parere degli altri mi fa ancora paura.

Quando si è soli perché gli altri non ci vogliono è meglio lasciarli perdere perché in fondo sono loro che ci perdono e non noi!

Giorgia Carrassi
SS Michelangelo – Bari

Io e me

È un vento leggero
È un tenue sussurro
Che viene dal mio animo
Solo

Ma… che cosa è la solitudine?
Un dialogo tra io e me
Senza scampo
E senza fine

Ecco ora sono in me
Tutto mi scorre intorno
Ma io non sono travolto
Né da pensieri né da dolori.

Ma… che cosa è la solitudine?
Un dialogo tra io e me
Senza scampo
E senza fine

Chiuso in una stanza
Soffoco
Non riesco a respirare
Non riesco a parlare

Ma… che cosa è la solitudine?
Un dialogo tra io e me
Senza scampo
E senza fine

Il soffio leggero è diventato
Una musica dolce che mi culla
Mi accarezza i ricordi
Costruisco i miei sogni!

Ma… che cosa è la solitudine?
Un dialogo tra io e me
Senza scampo
E senza fine
Nessuno può evitarlo 

Federico Marzullo
SS Michelangelo – Bari

La Solitude en Quarantaine- Acrostiche-
Arnaldo Melchiorre
SS Michelangelo – Bari

LA SOLITUDINE

La solitudine è una brutta bestia

ti attacca alle spalle di soppiatto

La solitudine è una tempesta silenziosa

che spezza la nostra gioia

La solitudine è fredda e tenebrosa

come una fitta foresta d’inverno

La solitudine ti tiene per sé

ti toglie gli amici e ti fa star male

La solitudine è un sentimento amaro,

tanto amaro che ti inasprisce il cuore.

Marco Ancona
SS Michelangelo – Bari

La solitudine
3B
SS Padre Vaccina – Andria
Le parole della solitudine
1I
IC Massari Galilei – Bari

Un lampione, solo

Un lampione, fermo in una strada.

Una macchina, passa veloce.

Un’altra macchina.

Un’altra ancora.

Nessuna si ferma,

nessuno si accorge di me.

Mi accendo di notte 

e di giorno sparisco.

Così, sempre così.

Le giornate sono tutte uguali.

Mi accendo.

Mi spengo.

Aspetto.

Aspetto che qualcuno si accorga di me.

Arianna Esposito
SS Michelangelo – Bari

ATTENTO ALLA SOLITUDINE!

La solitudine non è una cosa meravigliosa

anzi è buia e disastrosa.

È la più grande nemica di noi ragazzi

con la sua subdolità farebbe crollare interi palazzi.

Con il Covid si è più accentuata

e non sarà certo dimenticata.

Nel lockdown si è presentata soprattutto agli anziani

in quanto amici e parenti sono rimasti molto lontani…

A casa, con la DAD, ci ha fatto compagnia

ma ha spazzato via l’allegria.

Attento alla solitudine!

È un mostro duro come un’incudine!

È un nemico invisibile

che attacca chiunque in maniera infallibile.

Se ti senti escluso non ti isolare

solo parlando con qualcuno ce la potrai fare.

Attento alla solitudine!

È un mostro duro come un’incudine!

Se sei vittima di un bullo e da lui vieni preso in giro e insultato,

ricorda: non c’è niente in te di sbagliato!

Attento alla solitudine!

È un mostro duro come un’incudine!

Se sei vittima di cyberbullismo non disperare

corri subito a denunciare.

Attento alla solitudine!

È un mostro duro come un’incudine!

Se ti senti diverso e non accettato

non rimanere a casa isolato.

Se per qualsiasi problema con i “grandi” parliamo,

la solitudine la allontaniamo.

Nessuno dovrà più sentirsi solo nel cammino della vita

perché la vita è una bellezza infinita!

Marco Ariani Picciallo
SS Padre Vaccina – Andria

Bullismo a scuola

Giornalista: Ed ora parliamo del bullismo a scuola

Eccoci alla scuola Michelangelo. Siamo qui perché c’è stato un atto di bullismo  molto serio. Ecco che arriva l’alunno vittima di bullismo.

Ciao come ti chiami?

Alunno: Francesco

Giornalista: Ciao Francesco io sono un giornalista e sono qui per chiederti che cosa è successo a scuola? Raccontaci la tua esperienza

Alunno: Si! Era un giorno come tutti gli altri, gli uccellini cinguettavano felici ed era ora di merenda e io come al solito avevo dimenticato la merenda in cartella, l’avevo lasciata fuori dall’aula. Così chiesi alla professoressa di andarla a prendere e lei mi disse: <<come al solito hai lasciato la merenda fuori! Se la prossima volta la dimenticherai, sarò costretta a metterti una nota, perché non è la prima volta>>.

Alunno: Così l’andai a prendere e senza accorgermene mi ritrovai faccia a faccia con un bullo della classe di fronte.

Giornalista: E cosa è successo? Come si chiama il bullo?

Alunno: Giovanni. É un ragazzone alto e grosso. Sembra più grande della sua età e si accompagna sempre ad altri due ragazzi. Quel giorno aveva deciso di prendere di mira me. Così mi prese la cartella e la vuotò per terra. Poi vide la mia merenda, la scartò dal suo involucro e la gettò per terra calpestandola. Mi ordinò di mangiarla. Io mi opposi. Allora lui mi spinse e mi fece cadere. Mi prese la testa e la avvicinò alla merenda calpestata. C’erano altri ragazzi che guardavano, ma non dicevano nulla, né facevano nulla. Io non volevo piangere, ma mi sentivo indifeso, solo. Lui rideva insieme ai suoi due amici. Poi all’improvviso vidi un altro ragazzo che veniva verso di noi. Era Andrea, il mio amico di sempre. Gli disse di lasciarmi in pace. Giovanni rise perché si sentiva più forte. All’improvviso successe qualcosa che non mi aspettavo. Se Andrea era il mio amico di sempre, Paolo lo era di Andrea, Anna lo era di Paolo, Francesca lo era di Anna, Antonio lo era di Francesca, Filippo lo era di Antonio. Tutti, piano piano si avvicinarono a me, tutti, sull’esempio di Andrea, avevano trovato il coraggio di reagire anche se il sopruso non era rivolto a loro. Avevano capito che l’unione fa la forza e che solo uniti si possono vincere questi “bulletti”. Lo avevo capito io e lo avevano capito gli altri, forse perché anche loro erano stati vittime di soprusi, magari vessati da un Giovanni di turno. Avevano capito che al mio posto potevano esserci loro e se quel bullo era grande e grosso per uno di noi, non lo era per tutti! Giovanni indietreggiò. Tutti erano troppi. Continuò a minacciarmi dicendomi che me l’avrebbe fatta pagare quando sarei rimasto solo. “Ma da oggi lui non sarà più solo” disse Andrea – “da oggi nessuno di noi sarà più solo”. Da quel giorno ho tanti amici. Si chiamano Paolo, Anna, Francesca, Antonio, Filippo. Forse non sono gli amici di sempre, ma per me lo sono da oggi e per tutti i domani che verranno.

Ruben Vignoli
SS Michelangelo – Bari

 “Senza amici nessuno sceglierebbe di vivere, anche se possedesse tutti gli altri beni”. 

Aristotele 

“Si decide in fretta di essere di diventare amici, ma l’amicizia è un frutto che matura lentamente” 

Aristotele 

Quando non sei circondato da nessuno o non hai amici soffri di solitudine. Essa si sta sviluppando molto in questo periodo di Covid19, perché le persone cominciano a uscire di meno e ad avere più paura del virus. Purtroppo è così. Però quando sei circondato da tanti amici ma non hai un dialogo con loro e non ti trattano con rispetto, la situazione è devastante. Quindi meglio avere pochi amici ma di buon cuore e carattere. 

A volte la solitudine non dipende dagli altri, ma da noi stessi. A volte il desiderio stare distaccati dalla comunità è una scelta. Per esempio gli eremiti o i monaci, che si allontanavano dal loro quartiere o città e fondavano monasteri nelle campagne o sulle montagne per meditare più profondamente sulla parola di Dio, infatti il loro nome deriva dal greco “monacos” che significa solitario. 

Eh già, la solitudine non fa bene a noi che siamo abituati a stare insieme con gli amici ed essere sempre connessi. Essa è frustante soprattutto per i ragazzi che hanno bisogno di divertirsi insieme agli amici, anche perché prendere una pizza con un amico e passare una bella serata tra risate e scherzetti è davvero salutare. 

Ma anche scendere giù in giardino per scambiare due parole con ragazzi che giocano a pallone, può essere divertente. 

L’amicizia è un valore importante nella vita di tutti, specialmente alla mia età, quando un rapporto tra due persone nasce dalla fiducia e dall’onestà che l’uno ha nell’altro e questi due valori devono durare nel tempo altrimenti l’amicizia rischia di crollare. 

Gli svantaggi iniziano proprio quando uno prevale sull’altro e non è tutto alla pari e quindi si comincia a litigare. Poi due sono le possibilità: o i due fanno la pace, o diventeranno due nemici fra loro che si fanno dispetti. Allora non è più amicizia, ma si trasforma in aggressione e nei casi estremi in atti di bullismo. 

Ma in fin dei conti l’amicizia è molto importante per l’umanità perché senza di essa si diventa sempre più negativi e chiusi in se stessi. 

Quindi da questo possiamo dire che la solitudine “uccide”. 

Michele Cascione
SS Michelangelo – Bari

 QUELLA NOTA INVISIBILE CHIAMATA SOL 

Di solito non parlo tanto, preferisco più ascoltare e far esprimere gli altri. 

Mi risulta più facile tenere tutto dentro e risolvere i miei problemi da sola, sembra quasi che io la ricerchi quella solitudine che ai più fa paura. A me, invece, giova perchè mi fa sentire più sicura che altrove o almeno questo pensavo. 

Fin da piccola sono sempre stata una bambina meravigliosa: l’amica di tutti, baciata dall’amore di chi mi era accanto e questo mi lusingava tantissimo. 

Ero piena di amici con una famiglia meravigliosa, gli unici problemi che conoscevo erano quelli di matematica e che a me piacevano tantissimo. 

Poi si cresce e “non” si cambia, nel mio caso ci si blocca. 

Tutto ad un tratto sembrava che non facessi più parte di quell’orchestra, la mia nota che prima dava il “LA” alla melodia ora era sempre più stonata ed è così che ho preferito quasi bloccarla. 

La mia nota non aveva più quel suono così apprezzato da tutti o almeno così era a parer mio. 

Magari avevo solo bisogno di essere accordata ma non era così semplice ormai…Quel meccanismo che si era rotto rendeva il suo suono sempre più atrofizzato e così non riuscivo a condividerlo con gli altri, preferivo isolarlo e tenerlo solo per me. 

Mentre tutto scorreva quella rogna invisibile dilagava dentro di me stravolgendo tutte le mie certezze. Pur essendo circondata da amici e avendo una famiglia onnipresente che anche con il rimprovero sa offrire supporto, la mia vera solitudine si manifestava quando davanti agli altri, nascondevo la mia nota stonata. 

Avevo paura di farla ascoltare, soprattutto a chi mi aveva conosciuto prima che diventasse tale, avevo timore di non essere capita e così celandola apparentemente mi sentivo più sicura ma in realtà mi immergevo senza accorgermene in una solitudine tutta mia. 

I possibili pregiudizi scatenavano insicurezze che mi bloccavano appunto, non rendendomi libera di esprimermi come avrei voluto. 

Poi succedono quelle cose che non ti aspetti (gli imprevisti non sono solo negativi!) e senti il desiderio che qualcosa cambi . 

Non sai esattamente quando avviene, ma di sicuro ho sentito la mia radice tremare, come se qualcosa si stesse sbloccando. Si è manifestato il desiderio di raccontare senza timore mostrando anche la nota più stonata di me, magari con una risata in sottofondo. E’ questo quello che è successo quando ho inziato a parlare con una persona molto importante; certo d’aiuto è stato anche lo schermo del computer che ci divideva e mascherava un po’ tutte le mie insicurezze. 

Piccole gocce possono smuovere grandi montagne. La paura di non piacere più come una 

volta agli altri rimane, ma la voglia di provare a far conoscere la nuova vera sinfonia che mi accompagna nella vita è più forte! 

E’ stato un grande passo per me ritrovare la voglia di farmi ascoltare, la voglia di cominciare a suonare…certo non sono più un “LA” ma mi piaccio diciamo come “SOL”. 

Nicla Scamarcio 
Scuola Media Statale P.N. Vaccina Andria (BT) 

Emanuela Amorese
SS Padre Vaccina – Andria

 Forza e Coraggio nell’Amicizia 

Antonella Diacono era una ragazza di soli tredici anni, che si è tolta la vita a causa della solitudine. In alcuni suoi scritti risalenti a giorni prima del tragico suicidio aveva raccontato che la solitudine uccideva, proprio come stava succedendo lei in quel momento. 

Antonella ci ha rivelato una cosa assolutamente vera e constatabile, ovvero che pochi conoscono il significato di questa parola, perché quando in molti casi si è circondati da amici, che trasmettono amore, forza e coraggio, è impossibile rendersene conto. 

Quando abbiamo buona compagnia pensiamo a divertirci con gli altri, a stare con loro e ci sembra tutto normale. La solitudine è un pensiero, che non ci passa per la mente neanche molto lontanamente e, per comprenderne il significato vero e proprio come nel triste caso di Antonella bisogna provarlo sulla propria pelle. 

Per molti di noi essere circondati da persone fedeli è normale, fa parte della vita e non si pensa molto spesso a chi non è fortunato come noi. Molte volte sentiamo che ci manca qualcosa e desideriamo sempre di più, continuiamo a fare richieste su richieste, senza renderci veramente conto che il necessario, per mantenere un sorriso smagliante sul volto, lo abbiamo già: la COMPAGNIA. 

Molti considerano questa una cosa scontata, eppure non è così: tante persone vorrebbero avere un amico o un’amica, per ridere insieme, per ascoltare e farsi ascoltare, per raccontare le proprie esperienze quotidiane ed, invece, le loro parole e i loro pensieri vengono trasportati via dal vento e risuonano nel vuoto, senza che qualcuno li ascolti e risponda. 

E’ vero che la solitudine uccide, ci toglie la forza di resistere, perciò, quando ci accorgiamo di conoscere qualcuno, che soffre perché senza amici, bisogna stargli vicino: anche una sola persona fa la differenza. 

E’ nel periodo della pubertà, che si vive soprattutto questo tormento, che inizia a nascere 

dentro di noi un’immagine ideale, che corrisponde a ciò che vorremmo essere. 

E’ una cosa normale e con il tempo scopriremo che nessuno è perfetto e nessuno ha tutte le qualità del mondo, perciò bisogna accettarsi: belli o brutti, grassi o magri, siamo così e dobbiamo andarne fieri. 

Immaginiamo un mondo fatto di persone tutte uguali: non riusciremmo a riconoscerci, invece, l’esseri diversi, opposti o con caratteristiche comuni, dà a ciascuno di noi la possibilità di trovare uno spazio nel mondo. 

Ognuno ha un talento: alcuni sanno ballare, altri cantare, altri si esprimono con ordine e chiarezza, altri sanno scrivere testi bellissimi ed emozionanti… ma non dobbiamo farne un dramma e soprattutto non dobbiamo cercare di essere come gli altri. 

Molte volte siamo consapevoli di un comportamento errato, eppure lo assumiamo. Perché lo facciamo? Per assomigliare alla massa e per essere accettati. 

Può succedere che esista un gruppo di persone, che dicono parolacce, ma ci stanno simpatiche e noi, per non essere esclusi, anche se sappiamo che è un comportamento sbagliatissimo, le pronunciamo e ci comportiamo come loro. 

Dobbiamo renderci conto che ognuno è unico: tante persone cercano di distinguersi dagli altri e, dato che ci riescono, vengono escluse ed abbandonate alla SOLITUDINE, sentimento, che uccide, tortura e fa odiare se stessi, tanto da arrivare anche a rimedi estremi, come il suicidio, per dimenticare quell’ assassina, che ci opprime ed abbandonarla, facendo così male a noi stessi e a coloro, che ci vogliono bene da sempre. 

E che dire del bullismo e del cyberbullismo, ancora cause della SOLITUDINE soprattutto oggi? Quanto mi piacerebbe che non se ne parlasse più! 

La solitudine è causa di angoscia, si prova una sensazione, in cui sembra di combattere contro un nemico più grande e più forte di noi, che non riusciamo a sconfiggere, quindi, ci si sente oppressi, sovrastati dalla grandezza del problema e viene meno il coraggio, per superarlo e allora bisogna farsi strada ed avere una guida, che sia sempre accanto. 

Sentiamo come una spina nel fianco, che non riusciamo a togliere, ma ci vuole solo forza e pazienza. Udiamo i nostri pensieri rimbombare nella mente, ma non dobbiamo buttarci giù, perché, anche i migliori cadono. L’importante non è aver paura di cadere, ma rialzarsi e lottare, facendosi dare una mano solida e fiduciosa, perché tanti cadono e non si rialzano, rimangono lì con il viso grondante di lacrime amare. 

Esclusione e bullismo sono causa di offese, insulti, ma dobbiamo comprendere che un rimedio a tutto ciò c’è ed è l’indifferenza. Sì, l’indifferenza nei confronti di chi ci insulta. Dobbiamo trovare un amico e non reagire a ciò che gli altri dicono, così questi perderanno gusto nell’ offenderci e la situazione migliorerà giorno dopo giorno. 

Comunque, se non troviamo un AMICO, dobbiamo ricordarci che ci sono i fratelli, le sorelle, i genitori, che ci aiuteranno sempre ad imboccare la via della sicurezza e della felicità. 

Quando abbiamo paura di dire la nostra, dobbiamo distruggere la scatola delle paure e dei timori ed esprimerci. 

Bisogna comprendere che le cose si risolvono, dialogando con persone adulte. 

Antonella non raccontava a nessuno i propri sentimenti ed emozioni, perché pensava di poter risolvere e migliorare tutto da sola, ma qui sbagliava: faceva soffrire il proprio cuore, invece che parlare con insegnanti e genitori, per risolvere una parte dei suoi problemi. 

Comunque, quando troviamo qualcuno, che soffre a causa di tutto ciò, bisogna aiutarlo. Ho scritto questo, perché voglio comunicare un messaggio, che spero sia capace di salvare una vita, anche una sola, perché essa ha un valore inestimabile e bisogna salvaguardarla. 

Davide Lomuscio
SS Padre Vaccina – Andria

La via nel buio

Era una sera nebbiosa. Stavo camminando per tornare a casa. L’ultimo lampione era a circa 300 metri e le fitte nuvole coprivano anche la fievole presenza delle stelle.

Sentì in lontananza il suono di una lattina che si apriva anche se non vedevo niente, sicuramente qualcuno c’era in quell’oscurità. Sulla mia sinistra vedevo dei piccoli palazzi, sembravano quasi abbandonati, alla mia destra c’era l’oscurità non si distingueva il cielo dalla terra, ed era tutto in tono così scuro che quasi non si comprendeva se fosse reale o meno, raramente quell’oscurità era interrotta da qualche macchina che passava di lì per puro caso. Era solo una luce finta che non durava più di due o tre secondi. L’oscurità sembrava così calda e accogliente ma quella sensazione di finta profondità mi tratteneva dall’avvicinarmi. C’era il silenzio assoluto quella sera nonostante fossi sicuro che insieme a me, in quel tratto di oscurità c’erano altre persone, anche dei ragazzi. Sulla strada mi fermai ad un market, il cibo a casa era finito, ma avevo con me solo pochi risparmi in quanto avevo già comprato dei fiori. Comprai solo l’essenziale e con la mia busta in mano continuai a procedere.

Ad un certo punto iniziai a sentirmi pesante e finalmente avvertivo sulla faccia un fresco vento che per quanto non mi dispiacesse aveva un che di insolito in quella notte estiva.

Mi abbottonai la felpa che portavo intorno al collo, all’improvviso i miei occhi si iniziarono a chiudere, si vedeva che era tardi, che ero stremato, ma neanche questa sera volevo rinunciare a portarle quei fiori. Dal buio alla mia destra sentì sempre meno mormorii, sempre meno presenze, sempre meno pensieri, sempre meno sogni, come se una creatura li stesse portando via ad uno ad uno, non sapevo come fosse la creatura, la immaginavo con almeno tre occhi, e dei lunghi tentacoli, ma soprattutto nera come tutto ciò che c’era intorno, e per questo era difficile distinguerla, si avvicinava quasi di soppiatto poi li prendeva stringendoli forte lasciandone soltanto un eco, come se li buttasse sott’acqua per nascondere la loro presenza, ma la cosa più temibile della creatura era che li portava via da me. In quel buio c’ero solo io, anche se speravo con tutto me stesso che non fosse così. Più tempo passava, ogni passo che facevo uno dopo l’altro, mostrava la presenza di un nuovo eco. Passati cinque minuti senza più mormorii, in quella strada di edifici che erano solo l’impronta di un passato, rimanevo soltanto io.

Ma la colpa in fondo, era la mia, ero io che avevo deciso di portarle quei narcisi ed ero io che la ricoprì di crisantemi, come fossero le attenzioni date a una prima donna, ed ero sempre io che sono andato a pregare per lei, in quell’ora in cui nessuno avrebbe osato andarci. Quindi si, è mia la colpa della mia solitudine.

Volevo distogliermi da quei pensieri quindi per consolarmi decisi di aprire il mio sacco, per osservare il ricco pescato frutto del mio lavoro, solo che mi ricordavo che quel giorno non ero andato a pesca, o meglio non avevo pescato niente, considerando che anche i miei amici mi avevano lasciato solo. Caddi in ginocchio lasciando lasciando il sacco a mezz’aria. Da dentro ne uscirono solo due blatte, dalle mie ginocchia solo due gocce di sangue che andarono a sporcare i pantaloncini jeans già distrutti e logorati da tempo.

Mi fermai sotto un lampione prima di ripartire: a una certa età non si possono fare mica tutti questi sforzi. Vidi la mia maglietta bianca e arancione risaltare alla luce artificiale, ma quella sensazione, quella data da quell’unico lampione, mi mise troppa inquietudine, e ripartì velocemente.

Il cielo si era leggermente schiarito, ma si vedevano comunque poche stelle, forse una di quelle era lei che mi osservava, però ora non mi potevo fermare, e con la stessa fatica di un leone morente continuai a procedere zoppicando a passo costante. Passai dietro un albero,e mi sentì ancora più solo, perchè da lì non vedevo più le stelle, non vedevo più la mia presunta stella. Superato l’albero la vidi di nuovo ma la ignorai, non sapevo il motivo, forse volevo solo sentirmi più duro, volevo che la mia pelle fosse come l’impenetrabile scorza di un limone, ma di lì a poco mi mostrai di nuovo debole. Passai nuovamente dietro un albero. Questo era ancora più grande, mi sentii nuovamente solo. Superai l’albero, e perso nei miei pensieri, continuai a vagare nel buio, passaronoe uno due tre o forse anche più minuti. Finalmente vidi in lontananza illuminata da un lampione la porta di casa mia. Afflitto rientrai. Lanciai la busta nell’angolo. Presi l’ultimo crisantemo rimasto e lo posai con cura, anzi con la cura di un mastro artigiano davanti alla sua foto. Subito dopo mi gettai sul letto.

Tommaso Gagliardi
IC Settanni Manzoni – Rutigliano

L’albero del pensiero
Marianna Fariello
IC Devitofrancesco Giovanni XXIII
Binetto – Grumo Appula
La mente tra le dita
Samavia Gulfraz
IC Devitofrancesco Giovanni XXIII
Binetto – Grumo Appula

SCONFIGGO LE MIE PAURE COL CALCIO

Nel corso della mia vita spesso ho avuto problemi, ma con l’ottimismo spesso li ho superati, cerco sempre di trovare una soluzione a tutto. Mi piace aiutare chi è in difficoltà, alcuni hanno ricambiato, altri no, ma pazienza. Sono un ragazzo socievole, cerco di creare sempre belle amicizie. Alcuni ragazzi, quando esco con i miei amici, ci prendono in giro solo perché siamo più piccoli di loro e io ho sempre la risposta pronta per difendere sia me sia i miei amici, perché questi atteggiamenti da bulli mi fanno arrabbiare molto. Così, quando sono nervoso, mi sfogo facendo gli allenamenti, perché mi libera la mente, togliendomi dalla testa tutti i problemi. Penso solo al calcio, non penso più a niente e ho solo un unico obiettivo: portare la squadra alla vittoria. Per quanto riguarda il mio rapporto con gli avversari, non ho niente da dire perché solitamente sono concentrato su me stesso per dare il massimo e, se l’avversario è un giocatore forte, non mi abbatto, anzi reagisco e la sua bravura diventa stimolo di maggior impegno per me. Io sono molto aggressivo con gli avversari, così come dovrebbero essere tutti. Infatti, incito tutti a fare la stessa cosa. Inoltre non dimentico mai la regola del fair play, ossia il gioco corretto contro l’avversario e riconosco i miei limiti: l’etica comportamentale è fondamentale nel calcio. Io, nel campo, sono un jolly: aiuto sia in attacco che in difesa e cerco di dare consigli ai miei compagni di squadra. Per me il calcio è tutto: la mia passione e la mia ragione di vita, la mia adrenalina e la mia dimensione naturale. Non potrei vivere senza. Quando sono a scuola, invece, mi sale un po’ l’ansia, perché ho paura di sbagliare qualcosa, non so perché, infatti alcune volte vado in bagno a sciacquarmi la faccia e a farmi l’ esame di coscienza. Quindi, considero l’ansia un po’ il mio mostro interiore. Ho paura, anche quando sto con i miei amici. Non c’è una risposta precisa, ma, una cosa è certa, la lite tra amici c’è sempre, ed è lì che mi preoccupo, può succedere di tutto in quel momento, io devo difendere i miei amici! Quando vedo qualcuno della mia famiglia che sta male, ci sto male anch’io, sento un vuoto dentro di me e temo di perderli. I miei veri angeli sono i miei parenti, in particolare mia sorella che è sempre al mio fianco, mi aiuta in ogni momento. Sono fortunato e apprezzo questi piccoli doni, con il mio amico “sorriso”.

Antonio Muriglio
IC Devitofrancesco Giovanni XXIII
Binetto – Grumo Appula

LE COCCOLE DELLE MIE FATINE

Oggi viviamo in una società dove non si vive più serenamente perché si teme di essere facilmente giudicati, anche solo esprimendo la propria opinione ed è per questo che molte persone, soprattutto i ragazzi, non riescono a mostrare la loro parte interiore, si chiudono in se stessi, isolandosi dal resto del mondo. Questa solitudine a volte distrugge il proprio essere, ma per fortuna ci sono angeli su cui contare. I miei angeli sono  le mie amiche che ogni giorno mi fanno sentire bene, standomi vicine in qualsiasi situazione e riescono sempre a consigliarmi, tirando fuori la vera me. Loro mi donano serenità e mi incoraggiano ad andare avanti nonostante le difficoltà e le dure prove che ci pone la vita. Questi angeli mi sono stati vicini quando mio padre è stato quasi in fin di vita e proprio allora, nella disperazione, mi hanno fatto capire che bisogna andare avanti con ottimismo, consolandomi e dandomi un aiuto quando ne avevo bisogno, facendo allontanare i mostri che ostacolavano il cammino. A volte quando mi chiudevo in me stessa pensavo ai mostri della paura e della solitudine, ma i miei angeli mi facevano dimenticare la sofferenza, trasformando la negatività in positività.  Quando si è circondati da veri amici non si crede quanto possa nuocere la devastante solitudine.

Miriam Scarola
IC Devitofrancesco Giovanni XXIII
Binetto – Grumo Ap

La mia maglia nuova 

La mia maglia nuova è entrata in classe. 

Outfit trendy, 

zaino cool. 

Gli sguardi addosso. 

Dietro di me in tanti, 

mi seguono, 

mi chiamano. 

Sono in mezzo a loro. 

Invisibile. 

Chiuso in un guscio d’oro, 

dietro un muro di allegria 

che non è la mia. 

Giuseppe Nardone
IC Devitofrancesco Giovanni XXIII
Binetto – Grumo Appula

SE NON CREDI IN TE STESSA, CHI CI CREDERA’?

QUANDO TI SEMBRA DI SPROFONDARE

O DI ANNEGARE IN UN IMMENSO MARE

NON TI DEVI ABBATTERE,

MA CI DEVI CREDERE

IN TUTTO QUELLO CHE FAI,

PERCHE’ ANCHE DA SOLA CE LA FAI.

NON ESSERE SVOGLIATA,

MA ALLA VITA SII INTERESSATA.

NON CHIUDERTI IN UN RICCIO

ED EVITA QUALCHE CAPRICCIO.

PIUTTOSTO PARLANE CON QUALCUNO

E NON TENERCI ALL’OSCURO.

ASCOLTA IL TUO CUORE

E VEDRAI CHE CAMBIERAI UMORE.

PUOI DARE UNA SVOLTA ALLA VITA

E RIMARGINARE OGNI FERITA.

Anna Serafina
IC Devitofrancesco Giovanni XXIII
Binetto – Grumo Appula

LETTERA AD UN’AMICA PERDUTA

Cara Amelia,

da quando non ci sei più tu qui con me, mi sento terribilmente sola.

Sono precisamente due mesi che ti sei trasferita a Milano, e a me sembra passato un secolo. Non mi sono ancora abituata alla tua mancanza e credo che non ci riuscirò mai. È come se, improvvisamente, mi abbiano strappato un pezzo di anima, sì, perché tu per me sei molto di più di una migliore amica. Sei colei che mi è rimasta a fianco in ogni momento; con te ho festeggiato nei giorni felici e con te ho pianto nei giorni tristi; con te ho imparato a ignorare i giudizi degli altri; con te ho fatto di me una persona matura. Ma ora sei lontana quasi mille chilometri, e io li percorrerei tutti a piedi per raggiungerti! Spero che anche per te sia così.

La scuola non mi sembra più la stessa. Guardo il banco vuoto che una volta è appartenuto a te e ogni volta mi sembra di sentire le tue risate alle mie stupide battute. Lo sai, sono sempre stata una ragazzina timida, ma tu, solo tu, sei riuscita a oltrepassare l’odioso muro che mi si è innalzato davanti, fatto di paure, ansie, dolori.

Ormai è ritornato tutto come un tempo, quando vivevo nella terribile solitudine che, nonostante mi facesse del male, io continuavo comunque a considerare una protezione. Ma non è così, non lo è mai stato. La solitudine è un mostro che rischia di divorarti tutte le volte che tu cedi e, inconsapevolmente, ti ritrovi nelle sue braccia di ferro, senza speranza di liberartene. E ti porta sempre più giù, negli abissi più profondi dei tuoi stessi rancori, lasciandoti affogare. E per quanto tu vorresti urlare, chiedere aiuto, tutto ciò che riesci a fare è serrarti in un rigido silenzio, talmente rigido che gli sforzi che fai per distruggerlo sembrano farti ancora più male, come pugni su acciaio. Finiscono per farti credere che non esistano speranze, quando invece sono proprio davanti ai tuoi occhi. Sono tante le persone che ti spronano a parlare, a liberarti da quell’abbraccio soffocante che è la solitudine. Ma lei è più forte. Lei è invincibile.

Che abbia anche lei un tallone di Achille? Prima pensavo di no. Poi però ho incontrato te, anzi tu hai incontrato me. Allora ho deciso di provare a farmi aiutare, e sono tuttora grata della mia scelta. Mi sono appoggiata a te, considerandoti un punto fermo, sperando che mi saresti sempre stata vicina o, se non sempre, il più possibile. Ma la felicità non ha logica, i pensieri non hanno logica, la vita non ha logica.

Mi sono chiesta tante volte se tu non fossi stata solo un’illusione, una falsa speranza, una menzogna: questo ho pensato di te. Lo so, non è una cosa bella da dire, ma con te ho sempre condiviso tutto e non ho intenzione di smettere proprio adesso. Proprio adesso che ho bisogno di un appiglio, qualcosa che mi tenga a galla. Però sento che la presa si allenta ogni giorno che passa. Ogni minuto. Ogni secondo.

Dannazione, quanto vorrei che si fermasse un secondo! Questo tempo che trascorre irrefrenabile, quasi egoista. Non riesco a tenere il passo, capisci? I giorni mi scivolano addosso e mi sento frustrata perché non posso fare nulla per me, per te, per la nostra amicizia.

Vorrei che tu fossi qui a sopportare le mie paranoie.

Ti scrivo questa lettera perché ho paura. Paura di cadere di nuovo in quel baratro. Paura di farlo senza che qualcuno abbia prima teso la mano per provare a salvarmi. Paura di finire schiacciata dai pensieri.

Ti ricordi quando immaginavamo il nostro futuro? “Abiteremo in due case vicine e i nostri figli diventeranno migliori amici!” dicevamo. Eppure qui non ci sei più. Sei lontana. Troppo.

So che non è colpa tua se ci siamo dovute separare. So che tu brami la nostra amicizia quanto me. So che non mi hai dimenticata. So che non lo farai mai.

Sento che la solitudine mi cerca, mi vuole divorare come non credo abbia mai fatto con me. La sento ribollire di indignazione, perché le ero sfuggita. Sento la pietra a cui sono ancorata in questo momento sempre più erosa e temo che tra non molto cadrò. Di nuovo.

La tua Sonia

Eleonora Vitulli
IC Devitofrancesco Giovanni XXIII
Binetto – Grumo Appula


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